la Repubblica, 6 marzo 2016
Niente cappotti sulle passerelle. Intanto fa caldo
Va bene, non ci sono più le mezze stagioni, ma quelle “piene” sì, vero? Di giornate fredde il prossimo inverno ce ne saranno, no? Stando alle previsioni climatiche di diversi creativi, parrebbe di no, visto che in passerella la percentuale di cappotti, giacconi, mantelle o anche solo di giacchette di lana è crollata. Chissà, magari qui a Parigi sanno già che le temperature il prossimo inverno non scenderanno sotto i 20 gradi – il che di per sé sarebbe un problema –, ma nel dubbio una certezza rimane: una collezione invernale per essere tale dovrebbe contemplare anche giacche e cappotti. Mettendo da parte l’ironia, è strano assistere a una sfilata in cui il 90 per cento delle mise proposte è composto di abitini leggeri abbinati a qualche pullover: i consumatori sono disposti a spendere per un capospalla di buona fattura e che duri a lungo, questo è certo. Perché allora non proporne in più? Semplice: per fare un buon cappotto servono materiali di qualità e ottimi sarti, e questo per alcuni del settore è un investimento che non vale la pena fare. Per far parlare di sé e spingere i prodotti più facili da smerciare, come accessori e profumi, bastano le uscite a effetto: perché investire sulla sostanza, quando basta l’apparenza?