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 2016  marzo 06 Domenica calendario

Tutti i misteri sul sequestro dei quattro italiani in Libia

In un canovaccio che ha riprodotto fedelmente, ma questa volta in chiaro, l’estenuante trattativa di un sequestro di persona, nelle sabbie mobili di Tripoli e Sabrata, chi per due giorni e due notti ha tenuto in ostaggio i vivi (Filippo Calcagno e Gino Pollicardo) e i morti (Salvatore Failla e Fausto Piano) sono gli stessi uomini che, dall’alba di giovedì, hanno sequestrato la verità sui 7 mesi di prigionia dei 4 operai della Bonatti e sull’esito di sangue che ne ha separato i destini.
Hussein Al Zawadi, capo della Municipalità di Sabrata e Taher El-Gharably, presidente del Consiglio militare della città, presentano il “conto politico” della crisi. Annunciano “verità” definitive sul sequestro in una conferenza stampa annunciata per oggi che in realtà vuole solo essere la passerella per un “riconoscimento” agli occhi della comunità internazionale nel Grande Gioco della crisi libica e intanto trattengono da 48 ore informazioni cruciali.
IL COMMANDO E LA DONNA
Oltre a non aver sciolto le versioni inconciliabili sulla dinamica degli eventi in cui hanno trovato la morte Failla e Piano e ritrovato la libertà Calcagno e Pollicardo, Al Zawadi e El-Gharably hanno sin qui girato al largo su un punto discriminante: l’identità del commando. «Dire che la banda dei sequestratori morti giovedì scorso nel conflitto era composta da tunisini e maliani, non basta – osserva una qualificata fonte della nostra Intelligence – Vogliamo i nomi. Perché solo così potremo stabilire una volta per tutte, e autonomamente, che collocazione avevano, in quale rapporto fossero con le milizie dell’Is, ammesso e non concesso che ce ne fosse uno, e se in quel blitz ci siano stati, come sembra, dei superstiti».
Parliamo di una donna marocchina, di suo figlio piccolo e di un enigmatico uomo ferito. Che, nelle prime testimonianze di giovedì, vengono dati sul convoglio dei due pick-up che trasportava Failla e Piano e presentati come i “guardiani” della prigionia dei 4 italiani. La nostra Intelligence ha esaminato con attenzione le immagini scattate nella casa dove i 9 cadaveri sono stati finiti. E – osserva ancora la fonte di Intelligence – «che ci fossero una donna e un bambino è dimostrato dalla presenza tra i corpi di pannolini e assorbenti». Il problema è che non è dato sapere i tre che fine abbiano fatto. Venerdì scorso, infatti, in una delle tante narrazioni proposte da fonti del Consiglio militare di Sabrata, la donna marocchina muore insieme al suo bambino per l’esplosione della cintura da kamikaze che indossava.
VESTITI COME PREDONI
C’è un secondo dettaglio acquisito dall’analisi della nostra Intelligence che fa a pugni con la storia messa insieme da Al Zawadi e El-Gharably. Che il sequestro abbia avuto cioè le stimmate di Daesh. E anche questo è figlio dell’esame delle immagini scattate in quella lercia casa diventata morgue a sud di Sabrata. Nessuno dei sequestratori indossava un solo indumento proprio dei miliziani del Califfato. Ai piedi, modeste calzature piuttosto che gli anfibi. Nessuna mimetica. Né quelle giberne o passamontagna neri che abbiamo imparato a riconoscere nelle immagini arrivate dal fronte siriano e dalla stessa Libia. «Per dire che quei morti sono combattenti di Daesh – stigmatizza una fonte della nostra Antiterrorismo – dovremmo arrivare a sostenere che, per la prima volta nella storia dei sequestri di persona gestiti da Daesh, un gruppo di miliziani se ne andasse in giro vestita e armata come dei predoni, portandosi per giunta dietro una donna e un bambino». Dunque?
LA RICOSTRUZIONE DI ROMA
Dunque, la ricostruzione su cui la nostra Intelligence continua a ragionare in attesa che questa mattina a Roma Calcagno e Pollicardo vengano sentiti dal pm Sergio Colaiocco, suona così. La trattativa per la liberazione dei 4 ostaggi era al suo ultimo miglio e la situazione militare a Sabrata aveva consigliato la banda di spostare i prigionieri una trentina di chilometri a sud della città. Ma non in un unico viaggio. Per questo Pollicardo, Calcagno, Failla e Piano erano stati separati. Per evitare che i rischi del trasferimento potessero mettere a rischio l’intero “carico”.
La banda, numericamente esigua, si era spostata in blocco, trasportando con sé anche la donna marocchina e il suo bambino. Lasciando a Sabrata Calcagno e Pollicardo che sarebbero stati recuperati in un secondo momento. Poi, la notte tra mercoledì e giovedì, le cose sarebbero andate come sappiamo. E, a quel punto, i due ostaggi rimasti incustoditi sarebbero riusciti a ritrovare da soli la libertà.
Vedremo se questa dinamica degli eventi sarà confermata o meno. Un fatto sembra certo. Come spiegano una fonte di Intelligence e di governo, mai come questa volta un’indagine della magistratura per sequestro “a scopo di terrorismo” non dovrà misurarsi con angoli coperti, se non da segreto, da scontato silenzio istituzionale. «Per il semplice motivo che la trattativa per la liberazione dei 4 ostaggi non si era ancora chiusa».