Il Messaggero, 7 marzo 2016
Opere in fumo. Otto storie di libri bruciati, smarriti o rimasti incompiuti raccontate da Giorgio Van Straten
Le otto Storie di libri perduti, narrate con maestria da Giorgio Van Straten, se non fossero vere, sembrerebbero generate dalla fantasia surreale di Borges. La scomparsa di alcuni grandi libri è legata, infatti, a vicende paradossali, a volte drammatiche, segnate dal caso e dalla sfortuna, spesso dai pregiudizi e dalla paura di chi, a vario titolo, ne è stato testimone o responsabile. Tra le prime storie appare come un caso illustre di censura e probabile omofobia quella che riguarda un protagonista della letteratura europea. Nel 1824, a Londra, amici e parenti del leggendario lord George Gordon Noel Byron, appena morto in Grecia, a Missolungi, nonostante i pareri non unanimi e gli accordi già presi dal poeta con l’editore, impedirono la pubblicazione delle sue Memorie, e, per il timore fondato di essere coinvolti nell’accusa di omosessualità che aveva sempre pericolosamente accompagnato le sue tante promiscue avventure, decisero di distruggere il manoscritto.
DISPETTO
Che dire dell’assurda morte di un favoloso narratore e illustratore, come Bruno Schulz, ucciso da un ufficiale nazista solo per fare dispetto a un altro ufficiale che lo aveva messo sotto la sua protezione facendone il suo servo? Accadde nel 1942, nello sperduto paesino polacco di Drohobycz, dove nessuno ritrovò mai più le pagine di quello che sarebbe stato il suo romanzo capitale, Il Messia, di cui sono rimaste solo frammentarie testimonianze. Assai noto, ma sempre rattristante, il caso di Walter Benjamin, in fuga dalla Francia occupata dai tedeschi, inseparabile da una pesante e misteriosa valigia nera, morto infine suicida, braccato dalla cattiva sorte e dalla sua estrema fragilità: introvabile, da allora, il libro manoscritto.
Come spiegare, se non con un delirio perfezionista, la follia distruttiva di Nikolaj Gogol, che nel 1852, secondo la testimonianza del suo servo fedele, bruciò in una stufa le 500 pagine in cui avrebbe portato a compimento le disavventure del suo Cicikov, grottesco eroe delle Anime morte? E come commentare la fatalità di una banale distrazione, quando a Parigi, alla fine del 1922, venne rubata dallo scompartimento di un treno in partenza la valigia in cui la giovane moglie di Hemingway aveva riposto le carte dei suoi racconti giovanili inediti? Per restare nei drammi coniugali, delle carte inedite di Sylvia Plath, morta suicida a Londra nel 1963, rimase custode il marito che ne fece una selezione mirata a sua totale discrezione. Malinconico, per Van Straten, il ricordo vissuto e diretto del romanzo incompiuto e perduto di Romano Bilenchi, Il viale, risalente al 1956-57, letto da lui alla fine del 1989, dopo la morte dell’autore, noto a pochi altri intenditori, distrutto infine dalla vedova, Maria, per rispetto della volontà del marito. Nella lettura dell’insolita e avvincente rassegna è evidente che l’autore intende il suo amore per la letteratura come un’inchiesta sull’essenza e i fondamenti dello scrivere, vale a dire sulla necessità di darne testimonianza anche nelle condizioni più avverse, sulla fatalità che a volte lo impedisce. L’indagine passa in rassegna i luoghi e le situazioni più disparate. Firenze, Parigi, Londra, Mosca, paesini sconosciuti della Polonia e della Catalogna diventano il teatro di vicende enigmatiche che testimoniano lo stato di follia del mondo, ingabbiato in una rete inestricabile di censure, errori, timori cui la scrittura tenta di dare voce passando attraverso i filtri degli impedimenti più inverosimili, spesso senza riuscirci.