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 2016  marzo 07 Lunedì calendario

Sono andato a caccia di cigni neri con Nassim Taleb

Milioni di risparmiatori preferiscono la sicurezza quando devono decidere sui propri investimenti. Ma la sicurezza che hanno in mente non esiste nella realtà. Perché l’incertezza sui rendimenti attesi può essere ridotta, ma non completamente azzerata. E ciò su cui devono prestare particolare attenzione sono i rischi nascosti, o più difficilmente percepibili, come quelli che riguardano eventi rari o senza precedenti. O anche occultati per via di fenomeni manipolatori. Il mancato rimborso delle obbligazioni subordinate delle quattro banche fallite è un tipico esempio di rischio non percepito perché senza precedenti, associato a un certo grado di manipolazione.
Poiché da anni mi occupo imprenditorialmente di formazione finanziaria, mi confronto ripetutamente – al pari di altri – con decisioni da prendere in condizioni di incertezza. Per acquisire ulteriori conoscenze ho frequentato il primo workshop sulla gestione del rischio nel mondo reale organizzato a New York da Nassim Taleb, autore di tre libri di grande successo globale: «Giocati dal Caso», «Il Cigno Nero» e «Antifragile». Al workshop eravamo in 33, tre quarti non americani: imprenditori, consulenti finanziari, assicuratori, manager, agenti immobiliari, medici, avvocati.
Asimmetrie
Taleb è un ex trader di Wall Street di origine libanese che, applicando le sue convinzioni agli investimenti, ha conquistato sin da giovane un benessere economico che gli ha consentito di dedicarsi a tempo pieno alla saggistica e agli studi con un notevole grado di eclettismo. I suoi interessi spaziano dalla matematica alla filosofia, passando per la storia e le religioni. È carismatico e anti-diplomatico. I suoi bersagli preferiti sono le business school con i loro professori, i top manager elle grandi corporation (alcune delle quali si rivolgono però a lui per consigli dopo essere state oggetto di scherno), i consulenti di direzione, i media e i giornalisti, vari premi Nobel dell’economia. In sostanza, tutti coloro che non guardano alla realtà come la ricerca alla quale si ispira – e che ha tra i suoi maestri il fondatore della geometria frattale Benoit Mandelbrot – suggerisce. E tutti coloro che non hanno skin in the game, la mancanza di penalizzazioni per i propri errori (colposi o dolosi che siano).
Una buona parte della realtà secondo Taleb va descritta con distribuzioni statistiche fortemente asimmetriche, in cui esiste una convessità, ossia una accelerazione dell’impatto degli eventi rari, e una maggiore frequenza degli eventi rari stessi (fat tails o code spesse) rispetto a ciò che suggerisce la modellizzazione dominante, basata sulla curva di Gauss (o distribuzione normale).
I mercati finanziari sono un classico esempio di questo mondo «extremistan», così come vari sistemi complessi. Uno degli ultimi studi di Taleb riguarda la probabilità di una nuova guerra su grande scala (che possa mietere dai cinque milioni di vittime in su). Taleb dimostra che l’assenza di gravi conflitti negli ultimi 70 anni non implica assolutamente la riduzione del rischio, misurando la probabilità in un certo arco temporale. Stessa cosa per la ripetibilità dei grandi crolli di Borsa, come quello del 19 ottobre 1987, che ha contribuito non poco alla creazione della sua ricchezza personale grazie proprio alla sua ossessiva ricerca dei colossali profitti che derivano dall’accadimento di eventi rari a grande impatto (in presenza di un posizionamento anti-fragile sul mercato stesso).
Nel seminario di New York, Taleb è stato affiancato da specialisti della finanza quantitativa, e da persone che hanno preso migliaia di decisioni di affari in situazioni di incertezza. Come Robert Frey, che per 12 anni è stato il managing director di Renaissance Technologies, uno degli hedge fund più redditizi di tutti i tempi. O Raphael Douady, un francese che insegna finanza quantitativa alla Stony Brook University. Con loro e altri ha fondato il Real World Risk Institute.
Il mantra di Taleb e dei suoi colleghi è quello di minimizzare il rischio di rovina, ossia le perdite o gli effetti negativi degli eventi rari a grande impatto. O, ancora meglio, trarre vantaggio dal loro accadimento.
Il bilanciere
Negli investimenti, questo significa dividere il portafoglio in due parti di caratteristiche estreme (b arbell approach o approccio a bilanciere): una quota, probabilmente la quasi totalità per la maggioranza degli individui, rappresentata in buona parte da liquidità e strumenti che minimizzano il rischio di variazione del benessere reale, come i titoli di Stato a breve termine e le obbligazioni indicizzate all’inflazione. La seconda quota, ben isolata dalla prima, è rappresentata da portafogli composti da piccole posizioni in strumenti molto aggressivi che non hanno limite al rialzo, ma con perdite non infinite, come possono essere investimenti in startup, varie categorie di azioni, titoli illiquidi e/o distressed, opzioni e così via. Un approccio assai diverso da quello tradizionale della media-varianza ispirato da Harry Markowitz, più volte attaccato da Taleb per la fragilità rispetto alla realtà dei mercati, in cui le correlazioni tra classi di attivi non sono statiche e in cui le oscillazioni estreme sono trascurate dalla misura della variabilità utilizzata (la deviazione standard).
Per molti manager e gestori di patrimoni l’approccio di Taleb alla realtà è difficile da assimilare. Possono passare anni, lustri o anche decadi senza che accadano eventi rari a grande impatto (anche se la loro frequenza sui mercati finanziari è aumentata per varie ragioni, a partire dal comportamento goffo e prociclico delle banche centrali. In questi lunghi periodi i mercati finanziari, i fatturati, i prodotti interni lordi e i le sofferenze bancarie fluttuano, ma senza dar luogo a cigni neri e nemmeno grigi (che sono eventi rari a grande impatto prevedibili). È proprio in queste fasi che inevitabilmente si manifesta una certa accondiscendenza verso il rischio. In questi periodi succede che molti individui diventino più ricchi con portafogli ingenuamente diversificati, e che i consulenti di direzione e varie corporation aumentino i loro fatturati senza curarsi dei rischi di eventi estremi. Primo o poi, però, arriva il fallimento di una Enron, il default di un Ltcm, uno scandalo Dieselgate, l’insolvenza delle banche che devono essere salvate dagli Stati (o, con il bail-in, dai clienti), tutti eventi che causano disastri più o meno estesi e disseminano perdite, disoccupazione, maggiori tasse, infelicità.

Deserto dei tartari

Uno delle immagini più efficaci che Taleb usa per raffigurare questo conflitto forse insanabile tra la preparazione agli eventi rari a grande impatto e la naturale preferenza verso una illusoria «normalità», tra l’antifragilità e la fragilità, è quella del «Deserto dei Tartari» di Dino Buzzati. L’Ufficiale della remota Fortezza Bastiani, Giovanni Drogo, spera per 35 anni nell’assalto dei Tartari, ma questo avviene solamente quando è in punto di morte, privandolo così della possibilità di vivere l’evento raro che era diventato la sua ragione d’essere. Sui mercati e negli affari i personaggi come Drogo possono essere considerati dei folli. Ma nel mondo Extremistan non lo sono, o meglio sono molto meno irrazionali degli altri (per Taleb «razionalità» è una parola grossa). Soprattutto, sono uomini e donne liberi e decisamente non convenzionali, con i quali vale la pena di confrontarsi. Come l’ex trader libanese e i suoi geniali amici.

(l’autore è fondatore di YouInvest, La Scuola per Investire)