la Repubblica, 7 marzo 2016
A Pontida c’è un leghista che fabbrica letti per i rifugiati. «Ma con la Grecia non lavoro, non pagano»
Dietro la parete che separa gli uffici dal capannone sono impilati i letti a castello e le brande pieghevoli pronte per la Germania: centri di accoglienza, depositi governativi. Francoforte, Colonia, Monaco. Ordine da un milione e mezzo, paga la Cancelleria federale. «Anche se dopo le aggressioni di Capodanno a Colonia hanno rallentato un pochino con le richieste», dice Enrico Remondini, da Pontida.
L’imprenditore leghista che nel paese simbolo del Carroccio – il “pratone” dei grandi raduni è praticamente di fronte all’azienda – fabbrica letti per i rifugiati e i migranti in fuga verso l’Europa.
Va subito al sodo, Remondini. «Li vede gli scheletri?». L’ossatura di ferro dei letti a castello. Sono appesi a rulli automatici. Un pezzo della catena produttiva che nei prossimi due anni assicurerà oltre 200mila posti letto ai disperati che scappano dalle guerre e dalla fame. Paesi committenti: Germania, Svizzera e Olanda. Valore del maxi-ordinativo: 3 milioni di euro. «Nei periodi di punta da qui escono 2.500 letti al giorno, arrivano i Tir, caricano e via...».
La Legarflex è stata fondata da Remondini 53 anni fa, il simbolo è una corona di foglie color oro su sfondo verde. Nomen omen, il nome è nel destino, dicevano i latini: e dunque per decifrare il nome dell’azienda si va indietro all’imperatore Federico I Barbarossa e al giuramento che qui a Pontida, nel 1167, sancì la nascita della Lega Lombarda per la lotta contro il Sacro Romano Impero. Legarflex. La lettera “L” «di Lega Lombarda». Poi le iniziali del fondatore, dei due fratelli, del cognome, e, infine, la ragione sociale: “flex”. Come ogni marchio che produce letti e materassi.
In questo caso, forse, la flessibilità è doppia. Se chiedi all’industriale padano che cosa pensa dei migranti risponde così: «All’inizio ero contrario. Tra tante brave persone, ci sono anche quelli che ti entrano in casa, che non hanno rispetto del paese che li ospita. Però poi pensi anche: se non ci fossero loro, tra vent’anni la nostra popolazione sarebbe dimezzata». Le idee sono idee («ma Bossi a me non è mai piaciuto» ), il lavoro è lavoro. «Ho venduto dappertutto: la Libia di Gheddafi, i nostri militari in Iraq e in Afghanistan, i terremoti della Campania e del Friuli, e poi le alluvioni. Il grosso del lavoro sono le emergenze». Va all’estero il 90% della produzione: anche in Giappone dove, si sa, la terra s’arrabbia.
Ma alla fine si torna ai migranti. «Ho in casa 3,5 milioni di merce pronta. Con la Grecia non lavoro: non pagano! Meglio le nostre prefetture: tra 2015 e 2016 mi hanno chiamato 10 comuni». Diecimila metri quadrati di capannone, 60 operai più il giro di indotto garantito al settore artigianale del territorio: i numeri di Legarflex – raccontati per primo da
L’Eco di Bergamo – sono questi.. Di fianco ai macchinari che sfornano testate, reti, spinotti, scalette, sponde di protezione, riposano altri giacigli smontabili in kit. «Questi in settimana vanno ad Amsterdam». Il piano superiore è la culla dei materassi. Duri o morbidi? «Bossi – chiosa Remondini – faceva sempre la solita battuta. Noi variamo, a seconda delle esigenze».