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 2016  marzo 07 Lunedì calendario

Il braccio di ferro tra Italia e Libia per l’autopsia sui corpi di Failla e Piano

E adesso si sta cercando di convincere la procura generale di Tripoli ad autorizzare il trasferimento delle salme di Salvatore Failla e Fausto Piano in Italia, accompagnate da un loro medico legale, per eseguire le due autopsie a Roma. È un tentativo, una proposta per evitare che le autopsie si facciano a Tripoli e nello stesso tempo una conferma che il nostro Paese riconosce le procedure legittime delle autorità libiche. La proposta di mediazione potrebbe anche essere accolta e la situazione si potrebbe sbloccare in poche ore, forse già oggi. 
Il dialogo con Tripoli e Sabratha è molto impegnativo e per fortuna i nostri funzionari della intelligence conoscono i toni e gli accenti giusti. Del resto erano riusciti, l’altro giorno, a superare l’opposizione di qualche «autorità», a Tripoli, che non voleva autorizzare l’atterraggio del «Falcon» della Presidenza del Consiglio per trasferire i due sopravvissuti dipendenti della «Bonatti Costruzioni» in Italia. 
Il giorno dopo sembra tutto scontato, anche perché le immagini mandate in onda dalle televisioni rischiano di falsare la realtà. Siamo in Libia, in quella parte della Tripolitania governata dagli islamisti, con decine di milizie e in un territorio dove non mancano le incursioni dell’Isis e dei foreign figthers tunisini. Fare atterrare in questo territorio un aereo «civile» di un Paese che riconosce il Parlamento di Tobruk non è scontato. Come non lo è neppure il fatto che nostri funzionari della intelligence siano stati a Tripoli e a Sabratha per intavolare il dialogo con tutti gli interlocutori. 
E quindi si è dovuto discutere con il governo di Tripoli, il sindaco di Sabratha, il comandante della «Sala operazioni sul terreno di Sabratha», e con il presidente del Consiglio Militare. Ore di discussioni. Poi venerdì, che nei Paesi islamici è festa, sono state rintracciate le autorità giudiziarie per fissare le deposizioni dei due sequestrati liberati. 
Insomma, si è perso tempo e tutto ciò avveniva in condizioni non certo sicure, spiegano fonti diplomatiche che francesi o inglesi non avrebbero potuto operare tra Tripoli e Sabratha come hanno fatto i nostri. Gino Pollicardo e Filippo Calcagno hanno saputo solo atterrando a Ciampino della sfortunata fine degli altri due connazionali, Failla e Piano, rimasti uccisi in un conflitto a fuoco durante un viaggio di trasferimento. Il dolore dei loro cari è comprensibile, ma le accuse rivolte da un avvocato al governo sono ingenerose. Le testimonianze dei due prigionieri che si sono liberati non lasciano coni d’ombra sulla dinamica del sequestro. Forse le autopsie ci diranno come sono morti i due sfortunati ostaggi. Chi conosce bene la Libia dice che è solo questione di tempo, e che prima o dopo qualcuno racconterà se è stato un incidente casuale o, invece, voluto.