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 2016  marzo 05 Sabato calendario

Rcs, un nuovo comunicato sindacale contro la famiglia Agnelli

Sono passati oltre 40 anni da quando Gianni Agnelli e la Fiat fecero il primo tentativo di entrare nella proprietà del Corriere della Sera, poi parte del gruppo Rcs. Era il 1973 e l’Avvocato divenne, per un anno, proprietario di un terzo dell’Editoriale del Corriere della Sera. Di fronte alle difficoltà di gestione e all’impossibilità di esercitare un controllo a tutto tondo sul più importante quotidiano italiano, Fiat decise di lasciare, aprendo la strada all’acquisizione della testata da parte della famiglia Rizzoli. L’occasione si ripresentò alla fine del 1984, quando, al termine dell’amministrazione controllata del gruppo Rcs, risanato grazie allo straordinario impegno messo in campo allora da poligrafici, grafici e giornalisti, Fiat acquisì, tramite Gemina, il controllo di una società valutata al momento dell’acquisto 90 miliardi di lire. Davvero fu un salvataggio, come lascia intendere la nota con la quale Fca si sfila da Rcs e si allea con il maggior concorrente italiano del Gruppo? Rcs alla fine del 1985 presentava un utile ante imposte di 52 miliardi e il suo valore nel 1987 veniva stimato pari a 893 miliardi: più che «salvataggio» fu un vero affare.
E non è finita lì. Nel corso degli anni Novanta esplode il caso Fabbri: la casa editrice controllata dalla Ifi, sempre della famiglia Agnelli, viene acquisita da Rcs portando in dote crediti inesigibili che si scaricano sul Gruppo, provocando una nuova crisi e un pesante piano di ristrutturazione. Sono di quegli anni anche scelte industriali sbagliate come le fallimentari avventure in campo cinematografico (Carolco) e audiovisivo (Rcs Video).
Nulla però se paragonate all’incredibile investimento del 2007 nell’acquisto della spagnola Recoletos a una cifra fuori mercato grazie al finanziamento concesso, con fin troppa facilità, dalle banche, alcune appartenenti alla compagine azionaria di Rcs. Da allora, come ricordano i comunicati di ieri dei CdR di Corriere e Gazzetta, dei quali condividiamo i contenuti, si sono succedute scelte discutibili tanto dal punto di vista dello sviluppo, quanto da quello delle dismissioni, sulle quali le Rappresentanze sindacali grafiche, poligrafiche e giornalistiche hanno sempre espresso, con buon fondamento, parere negativo: dal patrimonio immobiliare, alle testate periodiche, all’intero comparto Libri.
In un momento cruciale per il destino di Rcs, svaniti i bilanci positivi e i facili introiti pubblicitari, Fca decide di abbandonare, lasciando in eredità una pesante situazione finanziaria e l’ennesimo piano di ristrutturazione in corso. Si chiude un ciclo, ne inizia sicuramente un altro, dove il nuovo ad Cioli e gli azionisti devono valorizzare il patrimonio di professionalità e conoscenze presente in azienda e gli asset principali del gruppo, ridando fiducia ai lavoratori di Rcs che in questi anni hanno affrontato la crisi siglando, attraverso le loro Rappresentanze, accordi dolorosi fatti di riorganizzazioni, tagli, riduzioni d’orario di lavoro e delle retribuzioni, ma che ciononostante continuano a garantire l’uscita di prodotti di qualità.
Auspichiamo che all’uscita di un socio importante ma (ahinoi) assolutamente poco motivato quale Fca faccia seguito l’ingresso di nuovi azionisti capaci e coraggiosi, all’altezza dei sacrifici e del senso di attaccamento e di abnegazione dei lavoratori di Rcs, che sentano il dovere morale di credere nel futuro e seguire con convinzione la strada indicata dal nostro nuovo amministratore delegato.
Le Rsu di Rcs Mediagroup