la Repubblica, 5 marzo 2016
Michele Serra in difesa dell’agricoltura biodinamica
L’agricoltura biodinamica (ala “estremista”, diciamo così, dell’agricoltura bio) è una cosa seria? Se lo domanda nel suo blog di scienze Davide De Luca, lasciando intendere che no, non lo è, condizionata com’è dalle sue origini intrise di esoterismo, astrologia e altre panzane. Dove non c’è scienza, lo scienziato dubita possano esserci sapienze o virtù di altro genere. C’è però un punto che gli “scientisti” – mi si perdoni l’etichettatura – non affrontano mai. I biodinamici, per quanto spassosa possa sembrare la loro attitudine a seppellire corna di mucca, e per quanta derisione possa meritare il fatto che lavorano di più e raccolgono di meno, non producono danno ambientale. Il loro lavoro sarà anche “inutile”, e surclassato dalla fantastica accelerazione produttiva dell’agroindustria (si produce cibo in conclamata eccedenza, quanto ne basterebbe per sfamare dieci miliardi di umani: dati Fao). Ma è pulito. Integralmente rispettoso degli equilibri di madre terra. Per giunta tutti i produttori bio (dinamici e non) per non inquinare devono pagare il loro certificatore. Mentre chi riempie di lordure chimiche i campi e inquina le falde non paga un centesimo. Può farlo gratuitamente. Non è un dato “scientifico” anche questo? I costi ambientali, quando diavolo proviamo a quantificarli per davvero, e mica perché siamo devoti alle congiunzioni astrali, ma perché siamo responsabili del mondo?