la Repubblica, 5 marzo 2016
Lo scandalo Petrobras in Brasile: Lula prelevato e interrogato
Daniele Mastrogiacomo per la Repubblica
Prelevato da dieci poliziotti, accompagnato in commissariato, interrogato per sei ore e alla fine rilasciato. Lo scandalo Petrobras irrompe sulla scena politica brasiliana ed esplode contro il leader più carismatico del gigante sudamericano. Con un’operazione plateale, giunta al culmine di una crisi che dura ormai da sei anni, la magistratura federale di San paolo ha disposto il prelevamento forzato dell’ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva, il simbolo della rinascita del Brasile, e lo ha condotto negli uffici della polizia all’aeroporto di Congonhas. Il leader del Partido dos Trabalhadores (Pt), padre putativo del miracolo economico, non è stato né arrestato né sottoposto a fermo. Prelevarlo a casa di mattina presto, con uno spiegamento imponente di uomini, è stato più che altro un atto di forza. La moglie Maria Leticia, che si trovava anche lei in casa, non è stata portata via. Lula ha seguito gli agenti che lo hanno portato davanti al pm titolare, Igor Omario. «La sua deposizione – ha confermato il magistrato – si è svolta in modo tranquillo. Lula non ha avuto alcuna reazione rabbiosa».
La reazione è avvenuta al termine dell’interrogatorio, quando Lula si è fatto portare nella sede del Pt. Erano accorsi centinaia di sostenitori e militanti, fronteggiati da altrettanti contestatori da mesi impegnati a manifestazioni oceaniche per chiedere l’impeachement dell’attuale presidente Dilma Rousseff, eletta al secondo mandato con un ristretto margine di voto, accusata da molti indagati dell’inchiesta di aver saputo e taciuto sul fiume di denaro, frutto di corruzione, che arrivava alle casse del partito. Tra i due gruppi ci sono stati momenti di forte tensione, con urla, slogan e alcuni feriti. Tre persone sono state fermate.
«Non ho nulla da temere», ha detto l’ex presidente una volta entrato nella sede del partito, «perché non ho fatto nulla di male. È stato solo uno show che la magistratura si poteva risparmiare. Se mi avessero fatto chiamare sarei andato. Come ho fatto lo scorso 5 gennaio a Brasilia». L’inchiesta è giunta comunque ad una svolta decisiva. Mentre la polizia prelevava Lula, sono scattate decine di perquisizioni in altri due Stati, a Bahia e a Rio de Janeiro. Dieci persone sono state fermate. Nel mirino degli inquirenti è finito il “cerchio magico” dell’ex leader socialista: fra gli indagati risultano la moglie e i figli. Decine di indagati nell’inchiesta sui fondi neri del gigante petrolifero Petrobras hanno già raccontato i dettagli del sistema di tangenti. Confessioni che grazie ad una legge sui collaboratori, consente forti riduzioni di pena. Il 13 marzo, è prevista una imponente manifestazione a San Paolo e nel resto del paese, per chiedere le dimissioni della Rousseff e andare a nuove elezioni.
Ettore Livini per la Repubblica
Prelevato da dieci poliziotti, accompagnato in commissariato, interrogato per sei ore e alla fine rilasciato. Lo scandalo Petrobras irrompe sulla scena politica brasiliana ed esplode contro il leader più carismatico del gigante sudamericano. Con un’operazione plateale, giunta al culmine di una crisi che dura ormai da sei anni, la magistratura federale di San paolo ha disposto il prelevamento forzato dell’ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva, il simbolo della rinascita del Brasile, e lo ha condotto negli uffici della polizia all’aeroporto di Congonhas. Il leader del Partido dos Trabalhadores (Pt), padre putativo del miracolo economico, non è stato né arrestato né sottoposto a fermo. Prelevarlo a casa di mattina presto, con uno spiegamento imponente di uomini, è stato più che altro un atto di forza. La moglie Maria Leticia, che si trovava anche lei in casa, non è stata portata via. Lula ha seguito gli agenti che lo hanno portato davanti al pm titolare, Igor Omario. «La sua deposizione – ha confermato il magistrato – si è svolta in modo tranquillo. Lula non ha avuto alcuna reazione rabbiosa».
La reazione è avvenuta al termine dell’interrogatorio, quando Lula si è fatto portare nella sede del Pt. Erano accorsi centinaia di sostenitori e militanti, fronteggiati da altrettanti contestatori da mesi impegnati a manifestazioni oceaniche per chiedere l’impeachement dell’attuale presidente Dilma Rousseff, eletta al secondo mandato con un ristretto margine di voto, accusata da molti indagati dell’inchiesta di aver saputo e taciuto sul fiume di denaro, frutto di corruzione, che arrivava alle casse del partito. Tra i due gruppi ci sono stati momenti di forte tensione, con urla, slogan e alcuni feriti. Tre persone sono state fermate.
«Non ho nulla da temere», ha detto l’ex presidente una volta entrato nella sede del partito, «perché non ho fatto nulla di male. È stato solo uno show che la magistratura si poteva risparmiare. Se mi avessero fatto chiamare sarei andato. Come ho fatto lo scorso 5 gennaio a Brasilia». L’inchiesta è giunta comunque ad una svolta decisiva. Mentre la polizia prelevava Lula, sono scattate decine di perquisizioni in altri due Stati, a Bahia e a Rio de Janeiro. Dieci persone sono state fermate. Nel mirino degli inquirenti è finito il “cerchio magico” dell’ex leader socialista: fra gli indagati risultano la moglie e i figli. Decine di indagati nell’inchiesta sui fondi neri del gigante petrolifero Petrobras hanno già raccontato i dettagli del sistema di tangenti. Confessioni che grazie ad una legge sui collaboratori, consente forti riduzioni di pena. Il 13 marzo, è prevista una imponente manifestazione a San Paolo e nel resto del paese, per chiedere le dimissioni della Rousseff e andare a nuove elezioni.