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 1946  febbraio 14 Giovedì calendario

Le sei donne che diedero vita al primo computer

C’è stato un tempo in cui la parola “computer” non si riferiva a una macchina, ma a una donna. Era il 1946 ed erano chiamate “computer” le sei giovani donne che lavoravano sulla prima calcolatrice elettronica generalista (cioé non realizzata per compiere una operazione particolare, ma tutte potenzialmente): l’Eniac, un gigante di cavi e fili di quasi 30 tonnellate di peso, che oggi consideriamo a tutti gli effetti un antenato dei moderni pc o degli smartphone. Ma allora il computer era la professione di chi ci lavorava, di chi ci armeggiava: e in un certo momento della storia, all’inizio, erano solo sei persone in tutto il mondo; ed erano tutte donne.
Per decenni la loro impresa è stata dimenticata, solo recentemente i loro nomi sono stati recuperati al punto di aver ispirato un film, alcuni libri e decine di articoli. Allora avevano tutte 20 anni o poco più; erano matematiche esperte nonostante la giovane età; dopo l’attacco giapponese di Pearl Harbour si erano formate calcolando a mano la traiettoria di missili e proiettili, con la guerra si impara in fretta; e nel 1945 erano state improvvisamente assunte dall’università della Pennsylvania e spedite a Filadelfia con l’obiettivo di partecipare ad un progetto segretissimo che avrebbe aiutato gli Stati Uniti a vincere la Seconda Guerra Mondiale. Non potevano sapere che sarebbero piuttosto passate alla storia per aver avviato la rivoluzione informatica che è arrivata fino ai giorni nostri.
A Filadelfia c’era l’Eniac, che prometteva di ridurre da 12 ore a 30 secondi il tempo necessario a calcolare le traiettorie balistiche: invece di cinque operazioni al secondo, poteva svolgerne 20mila al secondo per ciascuno dei suoi 20 accumulatori. Magia, anche se oggi una macchina di quella potenza sta su un chip molto più piccolo di un francobollo, ma questa è un’altra storia. Lo avevano costruito il fisico John Mauchly e l’ingegnere Presper Eckert con l’idea di migliorare le previsioni meteorologiche, ma in tempo di guerra il Dipartimento della Difesa americano ci vide subito ben altre potenzialità. Purtroppo però nessuno lo sapeva davvero far funzionare.
L’Eniac non era una macchina semplice in effetti. Del peso – pari a sei elefanti africani – si è già detto; le dimensioni erano in proporzione. Era grande come una stanza, fatta di armadi simili a frigoriferi, e conteneva 17.469 tubi, 7200 cristalli a diodi, 1500 relays, 70000 resistori, 10.000 capacitatori e aveva 5 milioni di giunture saldate a mano. Era stato costruito in due anni di lavoro senza soste, era costato 500 mila dollari, circa sei milioni di dollari di oggi. Problema: non aveva un vero “libretto di istruzioni”. Infatti il lavoro di “programmatore di computer” non esisteva ancora quando le sei giovani matematiche vennero spedite a Filadelfia; e così dovettero imparare tutto da sole.
Fecero un lavoro straordinario. Oggi si può dire. Ma allora non glielo riconobbe nessuno. Quando il 14 febbraio del 1946 l’Eniac venne ufficialmente presentato al mondo, ci fu una cena di gala a Filadelfia, parteciparono un sacco di uomini, ovviamente e le sei “donne-computer” non vennero nemmeno invitate anche se erano state loro a programmare la “demo”, il test da mostrare al pubblico. La verità è che erano considerate né più né meno che “operaie” come le famose “Rosie col martello”, le migliaia di donne americane che avevano affollato le fabbriche mentre i mariti erano al fronte.
Il ruolo centrale delle donne- operaie nella Seconda Guerra Mondiale è un fenomeno noto e giustamente celebrato non solo negli Stati Uniti. Ma il fatto che fra queste ci fossero le prime sei programmatrici della storia dei computer è emerso per caso recentemente mentre una regista faceva un documentario a Filadelfia. «Di che stai parlando?», chiese incredula LeAnn Erickson alla sua interlocutrice, «mi occupo di donne da una vita e una vicenda simile non l’ho mai sentita prima».
Sono passati settanta anni esatti ed è venuto il momento di ricordarle, una per una, in ordine di sparizione: Ruth Teitelbaum, morta nel 1986; Betty Holberton, nel 2001; Kathleen Antonelli, nel 2006; Marlyn Melzer, nel 2008; Jean Bartik, nel 2011, e Frances Spence, l’ultima ad andar via, il 18 luglio 2012. Erano loro le sei “Rosies” top secret della Seconda Guerra Mondiale che hanno aperto la strada su cui oggi tutti camminiamo. Anche se è tardi, e non possono più ascoltarci, è venuto il momento di dire loro: grazie. (la Repubblica, 1/3/2016)