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 2016  febbraio 16 Martedì calendario

Beate Uhse, in Germania chiude il catalogo del sesso per famiglie

Con San Valentino si è chiusa un’era in Germania. Nelle case di milioni di tedeschi è giunto (discretamente) per l’ultima volta il catalogo di Beate Uhse, dedicato a tutti i prodotti dedicati al sesso, dai più normali ai più fantasiosi. Un’abitudine consolidata che durava da quasi mezzo secolo.
Non conviene più, il settore è in crisi, e i clienti potranno cercare quel che desiderano online.
Una fine paradossale: si muore per un’overdose di successo. Ormai, quel che era tabu appena una generazione fa, viene discusso su Facebook dai ragazzini. E online l’offerta è enorme, in gran parte gratuita: si chiudono i cinema a luci rosse, e chiudono i locali proibiti di Sankt Pauli, il quartiere del sesso, ghetto o paradiso, di Amburgo. Le case del quartiere sul porto vengono trasformate in alloggi di lusso per i vip. Le ragazze in vetrina che in passato guadagnavano anche mille deutsche mark per turno di lavoro, circa un milione di lire, invecchiano e sopravvivono a stento.
La «Beate Uhse» è stata per decenni sinonimo di erotismo, sempre meno peccaminoso, e sempre attento a non oltrepassare i limiti, niente sadismo, e neppure un larvato sentore di pedofilia. Sesso per famiglie. Oggi, gli utili crollano: l’ultimo bilancio si è chiuso con 128 milioni di euro, contro 142 milioni nel 2013, con un «rosso» ancora da valutare intorno ai 13 o 15 milioni di euro. A niente sono serviti i tentativi di risalire la china, puntando sul pubblico femminile, e sulle vendite online. Per il primo trimestre del 2016, si annunciano quindi nuove misure: verranno chiuse 16 filiali, tredici in Olanda, e tre in Germania. Per ridurre i costi si taglia anche il personale: da 595 dipendenti a 150. I risparmi verranno investiti in una massiccia campagna pubblicitaria in tv, non solo in Germania ma anche in Belgio e in Francia.
L’attività di Frau Beate (1919-2001) cominciò per posta, anche se non proprio con un catalogo. Finita la guerra, cui aveva partecipato come pilota, si rese conto dell’ignoranza dei tedeschi sul controllo delle nascite. Hitler, come Mussolini, aveva favorito la famiglie con molti figli. Le donne dovevano produrre soldati per il III Reich, o per l’Impero fascista. Figlia di una delle tre prime dottoresse tedesche, e di un agricoltore, compilò nel 1947 un prontuario in quattro facciate che mise in vendita per 50 Pfennig, centesimi, circa cinquanta lire dell’epoca. Fu un successo trionfale. Dovette stampare dopo la prima settimana 32 mila copie del manualetto. Vinse, e gettò le basi del suo impero. Nel 1951 creò la sua società, con 14 dipendenti. Dieci anni dopo aveva 5 milioni di clienti.
Nel 1962 aprì a Flensburg il primo sex shop al mondo. E cominciarono i primi problemi: Beate Uhse fu denunciata dalle chiese, e da cittadini pudibondi. Quarant’anni dopo, nel 1989 fu nominata cavaliere della Repubblica, onorificenza molto meno inflazionata della nostra. Nel 1996, aprì a Berlino un erotic museum, in gran parte dedicato alla sua vita di pioniera del sesso. Nel 1999, la Beate Uhse fu quotata in borsa, per ogni azione ci furono 64 aspiranti compratori, ma oggi i titoli hanno perso il 95%, da 28 euro sono crollati a 18 cent. Tramonto economico, mentre nel 2011 veniva girato un film sulla sua vita, Das Recht auf Liebe, diritto all’amore, e l’anno seguente andò in scena un musical su Beate, da pilota di Hitler a manager del sesso. Da domani i suoi cataloghi saranno ricercati, ma solo dai collezionisti.