il Fatto Quotidiano, 16 febbraio 2016
«Quando l’economia va bene, il cinema va male. Quando l’economia va male, il cinema torna a riempirsi». Infatti è boom di incassi
Carlo Verdone si dice sorpreso: “Non lo sapevo e non me l’aspettavo”, poi chiede mezz’ora per riflettere sul dato. Secondo quelli pubblicati dall’Osservatorio audiovisivo del Consiglio d’Europa, le sale cinematografiche italiane possono festeggiare la migliore stagione degli ultimi cinque anni. Dal 2009 non si incassava così tanto (104 milioni di euro in tutto), dal 2009 non si registrava un aumento annuale di quasi nove milioni di biglietti venduti. L’Italia ha perso quote di mercato per circa il sei per cento (da 27,8 a 21,4%), ma gli esercenti, almeno quelli delle multisale, non piangono. Dopo il tuffo nei record infranti di Zalone, ha ottenuto eccellenti risultati nel fine settimana d’esordio (3,3 milioni) anche Perfetti sconosciuti, l’ultimo film di Paolo Genovese.
Una buona notizia in un quadro da leggere, secondo Verdone, senza trionfalismi: “Che la multisala incassa di più, pur nel dispiacere profondo per il cinema di quartiere, è una buona notizia. Quella meno buona è che a farla da padrone è il film evento, quello che non si può proprio non vedere, il filmone di genere americano di cui parlano tutti e che gli spazi per il cinema d’autore si siano ridotti al lumicino.
Oggi se un film d’autore sfiora il milione di euro è grande festa. Il cinema è diventato soprattutto intrattenimento e temo che opere rischiose che ci facevano pensare, piangere e ridere come Il Sorpasso, lo dico con rabbia, non le vedremo più”. Enrico Vanzina che, prima di mettersi in gioco in prima persona, di quella lontana epoca di felici commedie all’italiana fu testimone oculare, affronta i dati con ironia: “Saranno gli 80 euro di Renzi?”. Poi torna serio: “Oggi nessuno si ricorda più i fondamentali, ma una vecchia regola aurea diceva: “Quando l’economia va bene, il cinema va male. Quando l’economia va male, il cinema torna a riempirsi”. Perché? “Perché cinema e pizza sono diventati le ultime evasioni abbordabili”. In generale, dice Vanzina, non si tratta di “Un boom, ma di una razionalizzazione della programmazione delle multisale che ora, dopo qualche anno, dà frutti. Nella quota di mercato occupata dall’Italia, in diminuzione, c’è comunque un non detto. Il 21% per cento è composto da dieci, 12 film in tutto. Agli altri restano le briciole”.
I prodotti si rincorrono e se non incassano, vengono spazzati via dalla proposta successiva. Verdone parla di “cannibalizzazione” e di “ingolfamento”. Vanzina: “E mi dispiace dirlo perché vorrei se ne facessero 200 l’anno, di un mercato che forse non è in grado di assorbire l’offerta”. Un certo cinema italiano “paga pegno” sostiene Vanzina, perché “i film italiani dopo un anno o anche meno vengono trasmessi da Sky e così l’abbonato a correre a vederli quando sono in programmazione non pensa proprio”. Entrambi concordano sull’inutilità della guerra tra commedie di stampo simile: “Perché – dicono all’unisono – la corsa al risparmio e alla minimizzazione dei costi di produzione mette in difficoltà per primi gli autori stessi”.
Se per Verdone la sala attuale “è diventata una macchina infernale che mi fa rimpiangere gli anni 80, gli anni 90 e un’epoca in cui entrando al cinema non avevi la sensazione del fast food dove tutto è consumato in fretta per lasciare spazio al nuovo cliente”, per Vanzina ragionare di incassi trascina immediatamente nel campo del paradosso. “Nessuno ha notato una cosa curiosa: al cinema sono tornati i vecchi. Allontanati e annoiati da una tv che curiosamente produce tre quarti dei film italiani, ma non li fa vedere se non nelle serate in cui c’è da controprogrammare, gli anziani affollano le sale. Escluso Genovese, che ha fatto un film perfetto per i ventenni come per i quarantenni, molti autori di commedia odierni si rivolgono ai vecchi. Non ci vogliono fare i conti, ma è a loro che parlano. Agli ultimi che hanno memoria di una stagione della commedia molto diversa dalla contemporanea”. L’ambito del ridere rimpianto da Verdone: “Diversità, intelligenza, gusto, riflessione acuta. Il pubblico è cambiato, tanto da farmi chiedere per chi reciti davvero e se ne valga ancora la pena”.