il Fatto Quotidiano, 16 febbraio 2016
I veri numeri sulla cassa integrazione
Matteo Renzi è sfortunato. Solo martedì scorso aveva magnificato i risultati del suo governo sulla Cassa integrazione: in una delle 24 slide (tante quanto i mesi di governo del nostro) postate sul sito di Palazzo Chigi si leggeva: “Cassa integrazione. Prima: 1.115 ore autorizzate. Dopo: 667 milioni”. Due numeri: il primo in grigio, l’altro rosso. Uno indicava l’Italia prima di Renzi, il secondo (brutto) quella nuova con lui. Ce n’era anche una sul Pil che indicava in +0,8% la crescita del 2015, poi però l’Istat la scorsa settimana l’ha abbassata a 0,7. Ieri è toccato all’Inps guastare l’umore del premier.
Andiamo con ordine. I dati sulla Cig postati da Renzi riferivano uno spettacoloso dimezzamento del monte ore autorizzate tra 2013 e 2015. Numeri veri, per carità. Ma forse c’entrava il fatto – ammesso anche dall’Inps – che i dati della cassa ordinaria sono condizionati dal fermo amministrativo (molte province non hanno comunicato i numeri) e che quella in deroga è finanziata molto meno per mancanza di risorse. Ieri l’Istituto di previdenza ha reso noti i dati di gennaio.
E le notizie non sono buone: dopo mesi di calo, la cassa integrazione è tornata a salire su base annua. Complessivamente sono state autorizzate 56,9 milioni di ore di Cig, in aumento del 12,8% rispetto allo stesso mese del 2015 (50,5 milioni). Un dato frutto del tracollo della Cig ordinaria (-80,7%), del calo di quella in deroga (-13,9%) e dell’esplosione di quella straordinaria: 47,6 milioni, in crescita del 69,6% rispetto a gennaio 2015, quando erano state autorizzate 28,1 milioni di ore, e del 70,4% rispetto al mese precedente.
È il dato più alto fra quelli registrati in tutti i mesi del 2015 e in tutti i primi mesi dal 2006 a oggi. Peraltro la Cig in deroga fa segnare +228% nel Nord Est.
Il dato sarebbe anche peggiore se non ci fosse stato il blocco amministrativo sulla ordinaria: nel suo comunicato l’Inps ammette che da settembre a gennaio scorso ha “temporaneamente bloccato le autorizzazioni delle richieste di Cigo” e che quindi “il numero di ore, in forte diminuzione ne risente ancora”. Ma c’è un aspetto ancora più incredibile: a gennaio scorso ben 47 province (quasi la metà del totale) non hanno comunicato i dati. E per questo il confronto con il 2015 – quando le province a zero ore furono solo 8 – garantisce il calo dell’80% riportato nel comunicato. Tradotto: senza queste anomalie statistiche il dato della ordinaria sarebbe stato molto meno roseo, e avrebbe alzato ancora di più la crescita complessiva della cig registrata lo scorso mese.
Per la Uil si tratta di dati “drammaticamente preoccupanti per la perdurante e forte crisi del tessuto produttivo”. La crescita della Cig straordinaria (su cui non opera il blocco amministrativo e il numero di province a zero ore è lo stesso) è infatti concentrata nel settore dell’industria: a Torino, Vercelli, Grosseto, Frosinone e soprattutto in molte province siciliane e in due sarde si passa da zero ore o pochissime ore di gennaio 2015 a un pesante ammontare di ore a gennaio 2016.
“Il dato desta preoccupazione alla luce della revisione al ribasso del Pil 2015 – spiega Guglielmo Loy della Uil – quel poco che abbiamo di crescita è dovuto al settore auto e alla farmaceutica, mentre il resto arranca o ha performance negative”.
Ieri nessuno del governo o della maggioranza ha commentato i dati dell’Inps, interrompendo una lunga stagione di propaganda (su dati incompleti).