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 2016  febbraio 16 Martedì calendario

Il caso Kravcenko

 Ho visto un vecchio film di Costa Gavras con Yves Montand, sua moglie Simone Signoret e Gabriele Ferzetti, e la memoria mi ha riportato agli anni 50 quando il Corriere, in prima pagina, commentava un famoso processo che l’Urss aveva intentato a un certo Kravcenko. Negli anni Cinquanta ero un ragazzo e non ricordo bene le vicende che interessarono un preciso momento storico. Ci vuole ricordare l’episodio e come finì il processo?
Nerio Fornasier
Caro Fornasier,
Il film di Costa Gavras, prodotto nel 1970, è L’aveu (La confessione) e racconta, come abbiamo ricordato su questa pagina negli scorsi mesi, la storia di un esponente politico del partito comunista cecoslovacco, Arthur London, che fu processato e condannato per reati che non aveva commesso. Il processo che finì sulla prima pagina di tutta la stampa internazionale, invece, non fu intentato dall’Unione Sovietica, ma dallo stesso Kravcenko contro la maggiore rivista culturale del partito comunista francese.
Viktor Kravcenko era un ingegnere agricolo ucraino. Aveva combattuto sino al 1944 nell’Armata rossa con il grado di capitano, era iscritto al partito, si era distinto per le sue qualità professionali ed era stato inviato a Washington con una «commissione sovietica per gli acquisti» che operò nella capitale degli Stati Uniti sino alla fine del conflitto. Ma i suoi contatti con la società americana e, forse, un vecchio risentimento per il trattamento subito dagli ucraini durante la collettivizzazione della terra, lo avevano persuaso a chiedere asilo politico negli Stati Uniti. Il risultato di quella scelta fu un libro autobiografico (Ho scelto la libertà) in cui l’autore denunciava, tra l’altro, l’universo concentrazionario dei gulag sovietici. Giunto nelle librerie agli inizi della Guerra fredda, il libro divenne un clamoroso successo editoriale, provocò la collera dell’Urss e un lungo articolo delle Lettres Françaises in cui il settimanale culturale del comunismo francese, fondato dal poeta Aragon, accusava Kravcenko di avere spudoratamente mentito.
L’autore reagì con un processo per querela che si svolse nel 1949 davanti a un tribunale francese e richiamò a Parigi, insieme a uno stuolo di giornalisti, alcune dozzine di testimoni fra cui una donna, Margarethe Buber-Neumann, che aveva il singolare «privilegio» di avere conosciuto, nella sua vita, entrambi gli orrori del XX secolo: i gulag sovietici e i lager tedeschi (le sue memorie sono apparse in Italia nel 2005 presso le Edizioni del Mulino). Fra le persone che assistettero al processo e ne raccontarono le diverse fasi, vi fu una scrittrice russa, Nina Berberova, emigrata in Europa occidentale nel 1922. Il suo breve libro è stato pubblicato in Italia da Adelphi.
Kravcenko vinse la sua battaglia in tribunale, ma ebbe un indennizzo piuttosto modesto. Pur dandogli ragione, il giudice d’appello sostenne che il processo aveva considerevolmente aumentato la vendita del libro e che l’autore poteva quindi accontentarsi di una più contenuta riparazione.