La Stampa, 14 febbraio 2016
I primi quattro milioni di barili di petrolio iraniano diretti in Europa sono partiti
I primi quattro milioni di barili di petrolio iraniano diretti in Europa sono partiti. «Due milioni sono stati acquistati dalla compagnia francese Total e gli altri due da gruppi spagnoli e russi», ha annunciato ieri Teheran. È il primo passo di un ritorno in grande stile, che rischia di accelerare la picchiata dei prezzi del greggio e tagliare fuori i produttori statunitensi. Il Paese, che si è appena lasciato alle spalle le sanzioni, al momento punta a immettere sui mercati internazionali un milione di barili in più al giorno. L’obiettivo è alzare il ritmo, arrivando a un milione e mezzo entro l’inizio del nuovo anno persiano – prende il via il 20 marzo – per poi allungare fino a due milioni.
Non sarà semplice, spiegano gli analisti, visto che la filiera produttiva si è logorata e riammodernare le strutture ha costi molto alti. Il nuovo oro nero, però, aumenterà ancora lo squilibrio tra un’offerta sempre più abbondante e una domanda che resta molto debole.
Le mosse dell’Opec
A questo punto, la prossima mossa dovrebbe toccare all’Opec, il cartello degli esportatori che sotto la spinta delle monarchie sunnite del Golfo ha fatto precipitare il prezzo sotto la soglia critica dei 30 dollari a barile. Il Paese che più degli altri si sta muovendo per convincere i colleghi sauditi a cambiare politica è il Venezuela, sull’orlo del baratro nonostante sia seduto sulle riserve più grandi del mondo. Il presidente Nicolas Maduro ieri ha detto in tv che «il prezzo non tornerà mai più a 100 dollari al barile» e ha chiesto di agire. «Non possiamo rassegnarci a lasciare che il greggio finisca preda del mercato degli speculatori», ha spiegato il ministro del petrolio di Caracas, Eulogio Del Pino. Un appello drammatico a cercare un accordo che lascia scettici gli osservatori: intese del genere, infatti, sono semplici da eludere.
Le stime del Kuwait
In assenza di contromisure, comunque, il prezzo potrebbe in ogni caso tornare a un livello più rassicurante per i paesi produttori e per le grandi major petrolifere entro la seconda metà del 2017, prevede il presidente della Kuwait Petroleum International (Q8), Bakheet Al-Rashidi, che spera in «50-60 dollari al barile». Di certo la situazione attuale, che pure dovrebbe portare benefici ai consumatori, non tranquillizza la Banca centrale europea: il crollo del greggio e il rallentamento della crescita rappresentano «nuovi rischi» per l’economia, anche rispetto a dicembre, ha avvertito il componente del consiglio esecutivo di Francoforte, Benoit Coeuré. E i mercati si preparano a nuove sedute sulle montagne russe: dopo la picchiata del barile ai minimi da dodici anni, venerdì è stato il giorno del grande rimbalzo a 29,44 dollari. Le tre petroliere salpate dall’Iran potrebbero cambiare di nuovo le carte in tavola.