Corriere della Sera, 14 febbraio 2016
Bilancio del viaggio di Padre Pio da Pietralcina a Roma
La città eterna fagocita tutto. Re, imperatori, papi. E santi. Le reliquie di Padre Pio sono state trasportate a Roma la sera di mercoledì 3 febbraio con gran giubilo di folla e l’interesse di tutti i mezzi di informazione. Otto giorni dopo, la mattina di giovedì 11, i fedeli del frate con le stimmate hanno affollato di nuovo San Pietro, stavolta quasi in sordina, per salutare l’urna prima della partenza alla volta di Pietrelcina. «Ci tornerò da morto», aveva profetizzato Francesco Forgione. Ed è venuto da morto anche nella Capitale, temuta e aborrita, la Babilonia dell’Apocalisse, intrisa di cinismo e di atavica crudeltà.
«Se c’è l’inferno, Roma vi è costruita sopra», asseriva Lutero. Chissà cosa avrebbe pensato il grande riformatore vedendo, nel pomeriggio di venerdì 5, la processione che con salmi e laudi da San Salvatore in Lauro ha accompagnato le spoglie fino in Vaticano. L’arrivo era stato, mercoledì, a San Lorenzo fuori le mura. Migliaia di persone in coda davanti alla basilica incastonata nel perimetro del Verano, simbolica porta dell’Aldilà. Sotto il cielo serale ombrato dalle nubi, con i severi cipressi a far da guardia e i lumini votivi che brillavano dietro le cancellate, i vivi sembravano danzare con i morti. «Zia Maria e zio Peppino stanno là, diciamo una preghiera anche per loro». «I miei sono sepolti più lontano, al Pincetto». Voci di fedeli, speranza di vita eterna. Dentro la Chiesa ecco l’urna. Accanto, quella dell’altro santo, Leopoldo Mandic, arrivata da Padova. Un frate dalla lunga barba bianca e dallo sguardo, così traspare dalle immagini, più bonario di quello severo e penetrante di Padre Pio. Due Cappuccini, due campioni della Misericordia, due santi. Uno superstar, l’altro, almeno in questa otto giorni romana, destinato a un inevitabile ruolo di spalla.
Uno dei celebranti, anch’egli un frate, cita il Vangelo di Giovanni, l’incontro di Gesù con il fariseo Nicodemo. «Quel che è nato dalla carne è carne, quel che è nato dallo Spirito è spirito». La vita, la morte, la resurrezione. Il peccato e il perdono. Sono i pensieri, i concetti, gli auspici che in questa settimana giubilare sono rimbalzati dall’austerità di San Lorenzo fuori le mura al barocco di San Salvatore in Lauro per raggiungere l’apoteosi nella maestosità di San Pietro.
I due frati cappuccini come simbolo della confessione. «Servitori della misericordia», li definisce papa Francesco accogliendoli in San Pietro. Viene ricordato che passavano anche sedici ore in confessionale. La remissione dei peccati, forza fondante della Chiesa Romana. Un cardinale evidenzia che lo scrittore inglese Chesterton (l’autore di padre Brown) asserì di essere diventato cattolico per potersi confessare.
Ma qui non c’è solo il perdono. È la speranza nel miracolo, nella guarigione, nel superamento delle difficoltà, nella remissione dei debiti, nella protezione per sé e per i propri cari. I santini vengono strofinati sulle urne per renderli ancora più santi. Le foto scattate a raffica con i telefonini diventano una sorta di icone magiche. Modernità e medioevo, fede e superstizione. «Ama i tuoi nemici», è l’invito che esce dagli altoparlanti durante la processione. Ma la zingara questuante è cacciata con ignominia. La Misericordia s’infrange contro il muro del diverso.
Ad ascoltare il Pontefice, sabato mattina, c’era anche un omarino vestito con un saio fatto di iuta, piedi scalzi, un bastone per appoggiarsi, una sacca a tracolla. Nei giorni dell’elezione di Francesco, la foto che lo ritraeva in ginocchio, sotto la pioggia, orante davanti a un tombino, simbolo di effluvi malefici, fece il giro del mondo. Massimo Coppo, 67 anni, ex insegnante che tutto ha lasciato dopo essersi sentito chiamato da Dio, questa volta è venuto da Assisi, dove dorme nei portici della basilica, per rendere omaggio ai due Frati Cappuccini simbolo di povertà e di penitenza. Ma è scettico sulla capacità di redenzione della città eterna.
Eppure, secondo i calcoli del Vaticano, sono stati mezzo milione i fedeli che hanno partecipato a questo evento del Giubileo. È il popolo di Padre Pio, un popolo appassionato, grato, speranzoso, incrollabile nelle sue convinzioni, tetragono a ogni dubbio, gioioso. Il Pontificio consiglio per la nuova evangelizzazione evidenzia un flusso di pellegrini sopra ogni aspettativa, con persone accorse da tutto il mondo, preghiere 24 ore su 24 e «una spiritualità così partecipata e spontanea che ha colpito l’intera città».
Otto giorni di devozione e di veglie possono davvero lasciare il segno nella città eterna? Ennio Flaiano direbbe di no. Anche il suo marziano dopo un po’ non suscita più stupore: fatti da parte, lasciaci lavorare. Babilonia, la grande.