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 2016  febbraio 14 Domenica calendario

L’arretratezza culturale che mina la sicurezza

Se oggi la vostra auto vi costringe con un fastidioso bip a indossare una cintura di sicurezza, il merito (o la responsabilità) è di un assicuratore, di un avvocato e di due scienziati: uno molto incosciente e una molto sfortunata (...).
Il filosofo della tecnica Jacques Ellul amava sottolineare l’interdipendenza tra tecnologie con un esempio drammatico riguardante proprio la sicurezza stradale. La tecnologia dei trapianti di organi, per funzionare in modo efficiente, non può fare a meno degli incidenti stradali da cui provengono gran parte degli organi idonei al trapianto. Dunque, tecnologie che rendessero strade e auto del tutto sicure, paradossalmente, entrerebbero in conflitto con un’altra tecnologia, quella che permette ai pazienti di ricevere un trapianto.
La sicurezza stradale rappresenta un esempio classico di quello che gli studiosi dell’innovazione chiamano “cultural lag”, ritardo culturale. Secondo William Ogburn, pioniere della sociologia della tecnologia, «si ha ritardo culturale quando una di due ipotetiche parti di una cultura, tra loro correlate, cambia prima, o in misura maggiore, rispetto all’altra, determinando così un disadattamento reciproco rispetto all’equilibrio precedente». Ci volle quasi un secolo perché la società si attrezzasse, sul piano sociale, culturale e normativo, per affrontare le implicazioni legate all’introduzione e la diffusione dell’auto. Gran parte delle tecnologie per migliorare la sicurezza di conducenti e passeggeri (a cominciare dalle cinture di sicurezza: i primi esemplari brevettati risalgono agli inizi del Novecento) erano già ampiamente disponibili da tempo, ma mancava la sensibilità necessaria per introdurle e attribuire le relative responsabilità ai diversi soggetti: produttori di auto, istituzioni pubbliche, automobilisti.
Oggi il settore automobilistico ripropone una situazione in cui lo sviluppo della tecnologia mette in discussione abitudini consolidate. Le nuove silenziose auto ibride o elettriche sono potenzialmente pericolose per pedoni (soprattutto non vedenti) abituati a percepire il caratteristico rumore di un motore tradizionale che si avvicina. Ma anche in questo caso la “reazione” di società e politica è tutt’altro che immediata. Dopo anni di discussioni, il parlamento europeo ha approvato una normativa che prevede l’obbligo per le case automobilistiche di dotare le proprie auto ibride o elettriche di idonei dispositivi sonori entro il 2019, demandando alla Commissione europea, entro il 2017, di definire i necessari parametri (un rumore standard o “personalizzato” per ciascun modello?).
Per quanto talvolta inteso in modo un po’ semplicistico, il tema del ritardo culturale può essere facilmente applicato a numerosi esempi e contesti dell’innovazione,anche contemporanea. Come attestano continui casi di cronaca e vicende giudiziarie, la rapida diffusione dei media digitali ha coinvolto e al tempo stesso spiazzato una società che non aveva gli strumenti (culturali e normativi) per gestire, per esempio, una drastica ridefinizione dei confini tra pubblico e privato; per stabilire a chi spetti la responsabilità di certi contenuti (agli utenti che li hanno messi in rete, alle piattaforme che li ospitano, a chi li guarda o scarica?); o, più semplicemente, per tassare (con strumenti pensati per soggetti chiaramente localizzati e operanti con beni fisici) aziende che fanno circolare su base globale servizi immateriali, spesso non monetizzabili con precisione.
Chissà se anche per fare i conti con queste innovazioni ci vorrà un secolo come per le cinture di sicurezza. O se dovremo aspettare che compaiano figure chiave come gli scienziati, l’assicuratore e l’avvocato protagonisti di questa storia.