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 2016  febbraio 14 Domenica calendario

La storia della madre che ammazza il figlio di 8 anni e poi si suicida perché aveva paura che il suo ex le togliesse il piccolo

 
Ha puntato la canna di un fucile, calibro 12 alla fronte del figlio di 8 anni e ha sparato il primo colpo. Poi ha rivolto l’arma a se stessa, sotto la gola, e ha premuto ancora il grilletto. A trovare i corpi martoriati nell’ingresso di un appartamento dentro un capannone industriale della contrada Mattonata a Sambucheto (frazione di Recanati, Macerata) é stato il nonno del bimbo. Poco dopo le 14 di ieri.
L’omicidio-suicidio che è costato la vita al piccolo Giosuè Lucaroni e alla mamma Laura Paoletti, 33 anni, è il drammatico epilogo di una guerra a colpi di querele, minacce, dispetti, liti tra la donna e l’ex compagno, padre del bimbo, un geometra quarantenne che negli anni Novanta fu eletto consigliere comunale a Recanati. Una convivenza durata nove anni e finita un anno fa nel peggiore dei modi. Lei, co-titolare della ditta del padre, la fabbrica di scatolame “Carto tecnica Idealbox” che si trova proprio alle spalle del capannone della tragedia, aveva lasciato Lorenzo Lucaroni portandosi via il loro bambino. Si era trasferita in un appartamento nel centro di Recanati che da due settimane stava ristrutturando; per questo motivo era ospite a casa del padre. Imprenditore con la passione per la caccia, in casa aveva tre fucili non detenuti secondo le regole. Erano infatti appesi alla parete dell’ingresso carichi di proiettili ed è stato un attimo per Laura mettere a segno il suo piano.
«Probabilmente ha pensato che fosse meglio uccidere il figlio e se stessa piuttosto che vederlo affidato al padre», sostengono i carabinieri del Comando Provinciale di Macerata che si stanno occupando del caso. Una tragedia che si trascina dietro una scia interminabile di denunce: la donna aveva querelato l’ex compagno per stalking perché a suo dire vessata da minacce persecutorie. Lui aveva controdenunciato la donna poiché si rifiutava di fargli vedere il figlio e perché, secondo lui, non era in grado di occuparsi del bambino. Inidonea per problemi psichiatrici, questo aveva dichiarato attraverso il suo legale per poter ottenere l’affidamento di Giosuè. Ovviamente la donna non voleva saperne di separarsi dal figlio e gli ultimi mesi sono stati una guerra senza tregua di dispetti, ricatti, minacce e accuse reciproche. Come quella dell’auto della donna bruciata due mesi fa. «È stato lui» sentenziò Laura per irrobustire la denuncia per stalking davanti alle forze dell’ordine, che poi invece scoprirono le reali cause del rogo: un ladro che nel tentativo di far contatto tra i fili per rubare la macchina aveva creato un corto circuito.
Qualche giorno fa, secondo un’amica della vittima, Paola aveva ricevuto un messaggio in cui l’ex giurava che avrebbe fatto di tutto per portarle via Giosuè. Che si stava rivolgendo al Tribunale dei Minori e che avrebbe vinto lui. Deve essere stata quella la scintilla che ha fatto scoccare il “piano” messo in atto nel primo pomeriggio di ieri. Paola ha deciso di mettere fine a una guerra psicologica nel modo più assurdo. «Sparare a 20 centimetri dal centro della fronte di un bambino è una cosa disumana, non si riconosceva la faccia di quella creatura» si lascia sfuggire un investigatore appena il camioncino con le salme, alle 20 di ieri, lascia il capannone rincorso dalle grida strazianti della sorella della vittima.
Lorenzo Lucaroni, il sospettato del delitto numero uno, prima che si ricostruisse l’esatta dinamica dalla scena del crimine (il fucile era poco distante dal corpo della donna), è stato ascoltato per tutto il pomeriggio al Comando Provinciale di Macerata dagli uomini diretti dal colonnello Di Iulio. Poi è stato rilasciato. Al vaglio dei carabinieri però ora ci sono le denunce presentate nell’ultimo anno dalla donna. Non è escluso che si configuri nei confronti del geometra il reato di istigazione al suicidio.