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 2016  febbraio 13 Sabato calendario

Alle origini del culto dell’orgasmo. Un saggio da leggere

Il nuovo libro di Wilhelm Schmid merita di essere letto e meditato, non foss’altro che per l’argomento di cui si occupa in chiave critica: quel sesso che per noi, stanchi abitatori della postmodernità, è divenuto un tema ubiquitario e invasivo, a tal punto da saturare, oltre allo spazio mediatico, quello delle vite private e delle relazioni pubbliche.
In effetti, tipico dell’epoca dell’«amore liquido» e del legame sociale interrotto è il fatto che l’erotismo deregolamentato in forma neolibertina cessa di essere alleato con la riproduzione e con l’amore. Per la prima volta, diventa indipendente, egoistico e fine a se stesso, rigettando preventivamente ogni responsabilità per i suoi effetti collaterali.
Il sesso guadagna, così, uno statuto autonomo, slegandosi dalle dimensioni a cui un tempo si accompagnava e di cui era, per così dire, degno completamento.
Legame solido ed «eticizzato», l’amore familiare viene sempre più sostituito dall’amore liquido e postmoderno. Quest’ultimo – coerente espressione sentimentale del contratto a termine in ambito professionale – intende cinicamente ogni legame come a tempo determinato; cioè come sempre pronto, in analogia con la sfera della circolazione, a essere sostituito da un nuovo legame a termine.
La norma del capitalismo assoluto, in virtù della quale tutto è possibile purché si disponga dell’equivalente monetario corrispondente, tende a invadere anche l’ambito delle relazioni sentimentali. Ecco allora che la possibilità di fare illimitatamente ogni esperienza si traduce in un nuovo imperativo categorico: prescrive la trasgressione permanente e la violazione gaudente di ogni limite, nella rivendicata ridicolizzazione dell’«obsoleto» legame familiare centrato sulla stabilità etica e sulla fedeltà al medesimo.
Lacan sosteneva che la formula magica dell’amore è in quella parola encore in cui si condensa la fedeltà al medesimo, la «scelta» – diremmo con Kierkegaard – sempre rinnovata per un sentimento che cresce mentre si consuma.
Questa dimensione sembra oggi assente su tutto il giro d’orizzonte. In luogo dell’amore etico e della sua stabilità progettuale di fedeltà al medesimo, trionfa, nel tempo della precarietà a tempo indeterminato, la sequenza ininterrotta dei piaceri immediati e disinibiti, sempre più rapidi nel loro succedersi, privi di differimento e on demand, senza responsabilità e senza prospettiva, frutto del narcisismo cinico degli io nomadi e sradicati.
In nome della licenza scambiata surrettiziamente per libertà, il discorso del libertino – variante sessuale del discorso del liberista – mira ad affrancare da qualsiasi legame con l’altro: pone in essere un amore autistico, riferito all’io irrelato e tale per cui l’altro figura sempre e solo come mezzo di piacere, in una coerente estensione all’ambito sentimentale dell’assiomatica del do ut des liberoscambista.
Nel trionfo della deregulation erotica e del laissez faire sentimentale, il discorso del neolibertino individua puntualmente nel vincolo etico familiare il proprio nemico: proprio come la retorica del neoliberismo scorge il proprio rivale nel limite politico sancito dallo Stato sovrano.
«Devi godere!» diventa il grande imperativo del nostro tempo e della sua esiziale dissociazione tra Legge e Desiderio, con annesso riassorbimento della prima entro i confini del secondo. Il piacere sessuale disinibito e portato all’eccesso si erge oggi a unica Legge in vigore.
Ecco perché, come Schmid efficacemente sottolinea, oggi tutto ruota intorno al sesso, perfino per le coppie più stabili e collaudate: e quando, per usare la formula del pensatore tedesco, si precipita nel sexout, ossia quando implode la dimensione sessuale (tanto per l’individuo quanto per la coppia), sembra che si prosciughi ogni senso possibile dell’esistenza.