Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 12 Venerdì calendario

Se oggi valesse in Parlamento la multa-Casaleggio di 150mila euro per i cambi di casacca avremmo 50 milioni di euro

Oggi Forza Italia è un partito allo sbando. Non è più centrale nel “paesaggio” politico e Silvio Berlusconi, giustamente stufo, ha smesso di metterci i denari. Bene. Se oggi valesse in Parlamento la multa Casaleggio per le prossime amministrative di Roma, cioè una sanzione di 150mila euro anti-trasformismo, l’ex Cavaliere si ritroverebbe con un tesoretto di 15 milioni e 150mila euro per restituire una sede nazionale al suo partito. Il calcolo è molto semplice. Alle elezioni politiche del 2013, l’allora Pdl conquistò 98 deputati e 97 senatori, per un totale di 195 parlamentari. Dopo due anni, dal Pdl poi ridiventato Forza Italia è stata una gemmazione continua di nuovi gruppi parlamentari (chiamarli partiti è esagerato), dagli alfaniani di Ncd (poi confluiti in Area Popolare insieme ai fuorisciti Udc eletti con Scelta civica), ai Conservatori fittiani, per finire ai verdiniani di Ala. In totale, Berlusconi ha perso 101 tra deputati e senatori eletti sotto al suo nome. Per un totale, appunto, di 15 milioni e 150 mila euro.
 
Quanto costa il sostegno al premier
La preziosa associazione Openpolis monitora da tempo tutte le attività parlamentari, compresi i cambi di casacca. L’ultimo dato, aggiornato al 4 febbraio scorso, è sconvolgente. Dal 2013 a oggi, alla Camera 132 deputati hanno effettuato 169 cambi di gruppo (di qui la figura del deputato pluri-trasformista). Al Senato, la cifra è più bassa di appena tre unità: 166 cambi per 116 senatori coinvolti. Totale 335 passaggi, plurimi e semplici. Applicando la tariffa Casaleggio, si arriverebbe a 50 milioni e 250mila euro. Non proprio da buttare via. Consistente anche la “multa” per tenere in piedi il governo Renzi al Senato dove i numeri sono esigui. Sommando i 32 di Area Popolare, i 19 di Verdini e i 16 autonomisti di Gal, senza calcolare il gruppo misto, il sostegno a questo governo non eletto dalle urne vale 10 milioni e 50mila euro.
 
Nella Prima Repubblica “appena” 454 cambi
L’orrore generale scatenato dalla proposta di Casaleggio è basato nobilmente sulla libertà di mandato prevista dalla Costituzione dopo il fascismo. Solo che il trasformismo, o la mobilità parlamentare come viene chiamata dai tecnici, ha quasi sempre radici pragmatiche e non ideologiche. Posti di governo e sottogoverno, promesse di ricandidature, collocazione in cda di varia natura. Non solo la piaga atavica del trasformismo, fenomeno comparso già nei primi Parlamenti unitari, si è accentuata nella cosiddetta Seconda Repubblica. Per esempio, nelle undici legislature della Prima Repubblica, alla sola Camera dei deputati si sono verificati 454 cambi di gruppo. Un numero basso in confronto a quello di oggi. E questo la dice lunga anche sui presunti benefici del bipolarismo: sono 13 le attuali sigle di partito a Montecitorio.
 
In Israele scatta il divieto di ricandidarsi
Il trasformismo è un problema grave e serio in Italia. Il nostro Paese ha medie sudamericane e asiatiche. Dorina Bianchi, da poco sottosegretaria ai Beni culturali, sicuramente non conosce il turco Kubilay Uygun. Anni fa, nel suo Paese Uygun è diventato una vera celebrità perché ha cambiato sette gruppi parlamentari, di cui quattro in un solo mese. Esattamente come la sveglia Bianchi, oggi intima amica del ministro Boschi. La sua sequenza è stata questa, dal 2001 a oggi: Ccd, Udc, Margherita, Pd, di nuovo Udc, Pdl, Ncd. L’ottavo cambio è già in canna: di nuovo il Pd. Tranne che da noi, dove l’uscita di Casaleggio, limitata agli eletti al prossimo consiglio comunale di Roma, ha provocato alti lai liberali, in tutto il mondo è particolarmente fervido il dibattito su come fermare il trasformismo parlamentare. In Spagna, per esempio, nelle comunità autonome è prevista proprio la riduzione delle sovvenzioni per chi se ne va da un partito. Ma la misura più efficace sembra quella di Israele: lì, per chi diventa “mobile”, scatta il divieto a candidarsi alle successive elezioni. Capito Dorina?