Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 12 Venerdì calendario

Giocare a poker col petrolio

Ma fin dove arriverà il prezzo del petrolio? Ieri ha toccato i 26,39 dollari al barile. È possibile che crolli a 20. E poi? Poi, secondo i sauditi, risalirà a 65 dollari entro fine 2016. Perché ai prezzi attuali lo “shale oil” americano non copre i costi di estrazione, quindi ci saranno fallimenti a catena (solo l’altra settimana ha chiuso il 10% delle torri). Con 600 mila barili in meno di produzione e 1,2 milioni in più di domanda (secondo l’Opec) il surplus di 2 milioni di barili quasi si azzererà. E l’Arabia impedirà che il rimbalzo superi i 65 dollari, per evitare che il greggio “shale” torni in produzione. Ma andrà così?
Ieri alla Ip Week di Londra c’era Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, che dice: «Gli analisti si aspettano, in effetti, 60 o 65 dollari a fine anno. Ma gli operatori sono ribassisti. Io mi limiterei a prevedere una leggera ripresa a 42 dollari». Significa che c’è una falla nell’aritmetica dei sauditi? E quale? Tabarelli segnala che «quest’anno in America si produrrà meno shale oil ma arriverà sul mercato nuovo greggio convenzionale dal Golfo del Messico, frutto di progetti avviati anni fa, quando i prezzi erano alti». 
Però un barile sotto ai 30 dollari, ma anche in ripresa stentatissima a 42, è insostenibile non solo per i produttori alternativi “shale”, ma anche per molti di quelli che estraggono petrolio convenzionale. Si può immaginare che il mercato vada avanti così, a prezzi stracciati, ancora per un anno intero? Bisognerebbe trovare chi presta i soldi per puntellare aziende in perdita. E proprio in questi giorni la fiducia negli istituti di credito sta saltando.
Dice Massimo Siano, che a Londra è responsabile per l’Italia di Etf Securities: «Nel mondo è in corso una gigantesca partita a poker fra i produttori. Il mercato non rimbalzerà finché una grossa azienda produttrice, o meglio uno Stato, come il Venezuela o la Nigeria, o anche più grande, non si alzerà dal tavolo scoprendo le carte e dirà “basta, non ce la faccio più a questi prezzi, sono in default”. Solo allora il surplus produttivo verrà riassorbito. Ma prima che questo succeda io non faccio previsioni sul prezzo del barile nel 2016».