Corriere della Sera, 11 febbraio 2016
I ragazzi italiani sono analfabeti in matematica
Uno studente italiano su quattro ha gravi carenze in matematica. Lo certifica l’ultimo rapporto dell’Ocse-Pisa dal titolo «Low performing students, perché restano indietro e come aiutarli». Ma qui non si parla di problemi complicati, piuttosto di quel tanto di conoscenze utili ad affrontare gli «aspetti matematici» della vita quotidiana. Per esempio, il 25% dei ragazzini italiani non sa rispondere a una domanda di questo tipo: se per fare la torta al cioccolato per 4 persone servono 120 grammi di farina e 80 di cacao, quanto cacao serve per fare una torta per 8? Peggio di noi, dice l’Ocse, si piazzano Grecia e Portogallo. Eppure il nostro Paese ha compiuto balzi in avanti dal 2003, perché allora era il 32% degli studenti a essere bocciato anche nei test di primo livello in matematica. Percentuale scesa al 24,7. L’allarme dell’Ocse riguarda oltre 13 milioni di 15enni che – nei 64 Paesi presi in esame – non hanno abilità che dovrebbero essere scontate nel XXI secolo: «Questo ha conseguenze a livello personale e della società, non solo perché questi ragazzi rischiano di lasciare la scuola prima di finirla. Una popolazione senza competenze di base rischia di compromettere il sistema economico e la crescita del Paese». Il problema. per altro, non è solo legato ai numeri: 1 studente su 5 è pressoché analfabeta «in senso tecnico», non sa leggere, e 1 su 6 è gravemente insufficiente in scienze.
L’abilità matematica non è la misura dell’intelligenza di una persona, non di quella globale almeno. È tutt’al più la misura di un certo tipo di adattabilità al mondo ester-no, un’adattabilità che oggi, ci piaccia o meno, è diven-tata cruciale. Una padro-nanza scarsa degli stru-menti rudimentali del cal-colo costituisce uno svan-taggio più grave che in epo-che passate, espone al ris-chio di essere raggirati in modi impensabili dalla grande complessità nella quale siamo immersi. L’Oc-se si complimenta tiepida-mente con l’Italia. Siamo fra i Paesi che hanno diminui-to la percentuale di «stu-denti a basso profitto» nel-l’intervallo tra 2003 e 2012, ma restiamo sopra la media generale, e nei guai se si considerano soltanto i Paesi europei con i quali siamo abituati a confron-tarci. I quesiti dei test Pisa sondano un livello minimo che ogni quindicenne «sco-larizzato» dovrebbe posse-dere, ma non parlano dav-vero dei ragazzi, della loro predisposizione alla mate-matica e alle altre discipli-ne, quanto piuttosto del sis-tema nel quale questi ra-gazzi vengono educati. Può sembrare una precisazione ovvia, eppure non è raro sentir attribuire agli stu-denti, a una qualche loro misteriosa natura deviata, gli squilibri della nostra or-ganizzazione. Quasi ogni grafico nel rapporto Ocse stimola una domanda inte-ressante e, talvolta, indica la strada per un possibile mi-glioramento. Alcuni esem-pi: 1) avere subito una boc-ciatura influisce in maniera nefasta sulla probabilità di diventare uno studente a basso profitto (il paradigma bocciare-per-correggere andrebbe rivisto?); 2) la pressione delle famiglie sui ragazzi è più determinante in Italia che nella maggio-ranza degli altri Paesi (la scuola non è più in grado di costruire da sé gli elementi di motivazione necessari?); 3) gli studenti a basso pro-fitto sono quasi unanimi nel denunciare che i loro sforzi in matematica, spes-so paragonabili a quelli dei «più bravi», non si traduco-no in un rendimento pro-porzionale (la matematica è insegnata male? C’è chi lo sostiene da anni e ha pro-posto tecniche nuove, ma poco, quasi nulla è cambia-to. In Italia l’immutabilità dei programmi ministeriali è un dogma fra i più severi). Ciò che è certo è che in Ita-lia il divorzio di troppi al-lievi con la matematica, co-sì come con la lettura, av-viene in età molto precoce, ben prima dei 15 anni. La matematica diviene sinoni-mo di frustrazione e inade-guatezza, per sempre. Ora che la «buona scuola» è fat-ta (è fatta?) sarebbe il mo-mento di stampare i grafici dell’Ocse, di domandare a qualche statistico di decrit-tarli per noi e di meditare su come eliminare qualche altro punto percentuale in tempo per la prossima rile-vazione.