Libero, 10 febbraio 2016
Sull’abuso di credulità popolare
Ieri a Reggio Emilia hanno arrestato un indiano che aveva convinto un contadino di avere il malocchio, e che gli aveva via via spillato 25mila euro. I carabinieri si sono inventati un’accusa di estorsione, ma inquadrare questi reati resta difficile. Ora: io non ho mai invocato l’inasprimento di nessuna pena, ma, essendo una regola, l’eccezione è questa: l’abuso della credulità popolare. Parlo di maghi, guaritori, cartomanti, esoterici, quelli che promettono amori che non torneranno più, derubano i deboli dei loro risparmi e delle loro ultime cose, le vecchiette della loro pensione e dei gioielli di famiglia, e promettono lavoro ai disoccupati, salute agli infermi, conforto ai disperati e ai disposti a tutto. Ecco: la feccia umana che perpetua questi raggiri, in Italia, rischia poco o niente (art. 661, una banale contravvenzione) e ogni tentativo di introdurre un reato serio si è sempre scontrato con la ferma opposizione sapete di chi? Degli esponenti clericali, che vi hanno sempre intravisto «un pericolo anche perla libertà religiosa». Notare che le norme sulla «manipolazione mentale» (o plagio) all’estero esistono, e anche lì non piacevano alle religioni maggioritarie: ma le hanno fatte lo stesso. In Italia no. E, dopo la sfilata romana della salma di Padre Pio, comincio a capire anche perché. Fatta su un singolo individuo, è abuso della credulità popolare. Fatta su milioni, diventa un mito.