La Lettura, 7 febbraio 2016
Filosofo, matematico, sindaco e supereroe. Ritratto di Antanas Mockus, l’uomo he per risanare Bogotà ha usato anche i clown
Il 16 giugno 2014 Juan Manuel Santos viene rieletto presidente della Colombia con il 51 per cento dei voti. Alla festa per la rielezione il presidente ringrazia tutti quelli che hanno votato per lui e punta il dito verso una persona nella sala: ringrazia, citandolo per nome, quello che era stato il suo antagonista alle elezioni precedenti del 2010, Antanas Mockus. Mostra la scritta «paz», pace, sulla mano, esclamando che senza lo stimolo e le idee del suo ex rivale non avrebbe vinto le elezioni né potuto portare avanti una politica di pace. Le trattative con il gruppo maggiore della guerriglia, le Farc (Forze armate rivoluzionarie della Colombia), sono in corso a Cuba ed è stata raggiunta una prima intesa (il negoziato dovrebbe condurre a un accordo di pace finale il prossimo 23 marzo). Santos era stato ministro della Difesa del governo precedente, presieduto da Álvaro Uribe. Era stato il responsabile principale della politica di feroce repressione contro le Farc e, tra le altre cose, aveva portato a termine la liberazione di Ingrid Betancourt. Ma se è interessante seguire la parabola di Santos, da spietato esecutore della politica di guerra totale, promossa dal presidente Uribe, a sostenitore convinto della politica di pace e riconciliazione nazionale, ancora più interessante è chiedersi perché ringrazia Mockus, molto popolare in Colombia, che tra le tante cose è un matematico.
Nato nel 1952, di origine lituana, Mockus si laurea in filosofia alla Universidad nacional de Colombia (Unc) e in matematica alla Università di Digione in Francia. Nel 1975 entra nel dipartimento di Matematica della Unc e negli anni Ottanta è membro del «Grupo Federici», che si occupa dei problemi dell’insegnamento della matematica e delle scienze. Diventa rettore della Unc nel 1991 e resta in carica fino al 1993. Si fa notare per i metodi non consueti che utilizza per gestire l’università. Ha le idee chiare e riesce a realizzare quello che ha in mente. Istituisce la valutazione dei docenti da parte degli studenti, introduce un sistema di incentivi per i professori basato sulla produttività, stabilisce che le tasse di iscrizione devono essere legate al livello economico delle famiglie degli studenti, risana i conti. I suoi metodi e i risultati lo rendono popolare soprattutto tra i giovani.
Nel 1995 diventa sindaco di Bogotà. Oltre a rilanciare la costruzione di grandi opere per migliorare la vita della città, limita l’uso delle armi, riducendo il tasso di omicidi, e regola gli orari dei bar di notte, riducendo la distribuzione di alcol. Diventa famoso per aver puntato molto sul miglioramento dei rapporti tra i cittadini e sulla qualità della vita a Bogotà. Cose non facili. Recluta 400 clown che si occupano di migliorare il traffico, scherzando con gli automobilisti indisciplinati e premiando quelli corretti, allo scopo di creare una coscienza civica. Vengono distribuite migliaia di tessere con un pollice verso il basso da un lato e in alto dall’altro, per giudicare gli automobilisti in modo divertente. Famosa la sua performance vestito da supereroe nelle strade della città, per dire no alla corruzione. Famosi i suoi spot televisivi nudo nella doccia per mostrare come consumare meno acqua, che raccolgono lo scetticismo dei media e di parte della popolazione.
Inizia da qui il film dedicato a Mockus intitolato The Life Is Sacred, «La vita è sacra», uno dei motti più noti del sindaco. Contro gli omicidi, contro la lotta armata, contro i narcotrafficanti, preservare la vita dei colombiani diventa uno slogan molto popolare. Con l’appoggio della Unc, Mockus sviluppa un progetto sugli indicatori della convivenza cittadina. Nel 2000 viene rieletto sindaco. Legge, etica e cultura sono le parole chiave. Resistenza pacifica contro la violenza. Prevenzione e autoregolamentazione piuttosto che repressione. Diminuzione del traffico e miglioramento dei comportamenti dei guidatori. Gli omicidi, da 80 ogni 100 mila abitanti nel 1993, diminuiscono a 23 nel 2003. I morti per incidenti stradali diminuiscono da 1.400 nel 1995 a 700 nel 2002. Vengono cacciati centinaia di poliziotti corrotti.
Il film segue Mockus nel corso degli anni 2010-2014, il periodo del Grande Entusiasmo, quando sembra che tutto si possa cambiare con gesti e comportamenti civili che influenzano la popolazione per migliorare la vita di tutti. Nel 2010 Mockus si presenta alle elezioni presidenziali contro Santos, da tutti considerato l’erede di Uribe, l’uomo della repressione a ogni costo. Il film è stato diretto e scritto da Andreas Dalsgaard, danese, e danese è la produzione. Sono le reazioni e il volto di Mockus i veri protagonisti del film. Il suo entusiasmo, i giovani che lo acclamano. Poi a poco a poco Mockus comincia a capire che, mentre a livello locale, nella battaglia per la carica di sindaco di Bogotà, i centri di potere colombiani erano stati sorpresi e l’entusiasmo era stato travolgente, a livello nazionale le cose sono molto più complesse. Ci sono momenti nel film in cui si capisce che Mockus ha paura per la sua vita. I sondaggi davano al suo partito una larga maggioranza, il risultato è solo il 36 per cento. Sono tutti convinti che ci siano stati brogli. Mockus è dilaniato. Sa che se non accetta il risultato delle elezioni potrebbe scoppiare la violenza, che è l’ultima cosa che vuole. Accetta pubblicamente i risultati, si complimenta con Santos. E nel film dichiara che lo ha fatto per non buttare via il lavoro compiuto, per non far sentire ai giovani che in fondo tutto è inutile, i cambiamenti sono impossibili.
Dopo un periodo di disperazione si riparte con l’idea della non violenza. Santos, che già aveva preso le distanze dalla politica di repressione di Uribe, accetta l’idea della pace subito. E Mockus alle elezioni successive dà l’indicazione di votare per Santos. Sa che la malattia ha fatto la comparsa nella sua vita, il Parkinson. Ma il suo impegno continua. Il 16 luglio 2015 il «New York Times» pubblica un articolo di Mockus: L’arte di cambiare le città. Scrive tra le altre cose il matematico: «La politica riguarda la capacità di essere leader, di saper guidare, ma non di dirigere. Le persone amano che quando si scrive su una lavagna una decisione controversa, si scriva solo la metà della frase e si riconosca la libertà di tutti di scrivere l’altra metà. La politica deve essere frutto di un ragionamento rigoroso». Il matematico non dimentica che cosa vuol dire dimostrare quello che si afferma.
Uscirà tra qualche settimana un libro sulla sua opera curato da Carlo Tognato Cultural Agents Reloaded. The Legacy of Antanas Mockus, edito da Harvard University Press. Tognato, laurea e dottorato all’università di Ancona, oltre che alla University of California, Los Angeles (Ucla), è anche direttore del Centro di studi sociali della Unc, lo stesso ateneo dove è stato rettore Mockus. Il volume contiene articoli, interviste e un intervento di Mockus. Nell’introduzione Tognato riassume i vari aspetti dell’attività e delle idee che Mockus ha portato avanti.
Una vita in bilico tra populismo e ambizione, tra semplificazione e inefficacia, ma con una grande capacità di cercare soluzioni in modo creativo, a volte geniale, per situazioni che nessuno pensava di poter affrontare.
Nel film su Alan Turing, Imitation Game, c’è una definizione che piace ai matematici: «Persone che nessuno si immagina riescano a fare cose che nessuno si immagina di poter fare». Un’altra citazione: «Chi dunque costringerai ad assumersi la guardia dello Stato se non coloro che meglio conoscono quali sono i modi per la migliore amministrazione dello Stato?». È il problema della formazione della classe dirigente. Sta parlando Socrate nella Repubblica di Platone: «Dobbiamo prescrivere per legge e persuadere chi dovrà svolgere nello Stato le funzioni più importanti a studiare il calcolo e ad applicarvisi, non in una maniera volgare, ma finché possa pervenire, con la sola intellezione, a contemplare la natura dei numeri per aiutare l’anima stessa a volgersi dal mondo della generazione alla verità e all’essere».