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 2016  febbraio 09 Martedì calendario

Ecco chi è Stefano Parisi, il probabile sfidante di Sala a Milano

Finalmente, il centrodestra sembra aver trovato la quadra indicando come candidato sindaco di Milano Stefano Parisi, un manager-imprenditore di 59 anni, romano. Il personaggio è interessante e merita attenzione, anche in relazione al vero quesito che la sua candidatura pone: perché un uomo come lui, titolare di Chili, il concorrente italiano di Netflix e delle altre cineteche a pagamento, lascia il business per una candidatura dalle remote possibilità di successo? Risponderemo alla fine.
Intanto, va ricordato come Parisi sia stato per anni il capo della segreteria tecnica di Gianni De Michelis, colui che, soprattutto al ministero degli esteri, preparava i voluminosi e documentati dossier, che permettevano al ministro eccellenti figure negli incontri comunitari e per gli altri in giro per il mondo, dalla Cina alla Russia. Il politico De Michelis era un uomo speciale, ideatore di grandi propositi e progetti, come quello dell’Asse Sud-europeo, in alternativa e concorrenza all’Asse carolingio (Francia-Germania) che è ancora di attualità, anche se perseguito a spizzichi e bocconi (in esso si inserisce la Lione-Torino), o come quello della Pentagonale, una suballeanza europea che comprendeva l’Italia, l’Austria, l’Ungheria, la Cecoslovacchia (ancora unica) e la Slovenia, nella quale la primazia italiana era indiscussa (e che riproponeva una politica estera adottata negli anni ’30, quando l’Italia, per breve tempo, fu la protettrice dell’Austria, della Cecoslovacchia e dell’Ungheria). Ma era altrettanto incontentabile per i documenti e le ipotesi di sviluppo connessi alle sue idee. In questa scuola si è formato Stefano Parisi, noto e stimato per la sua freddezza nell’affrontare le situazioni più complicate e, quindi, per la capacità di gestire l’esuberante e geniale ministro.
Poi, Parisi si trasferisce a Palazzo Chigi con Giuliano Amato, più gatta morta che vero leader (chi lo conosce bene –e io fra questi- ha sempre ritenuto che Giuliano non facesse il primo ministro, il ministro del Tesoro e via dicendo, ma sempre e solo il capo di gabinetto di se stesso): capo del dipartimento economico della presidenza del Consiglio, un ruolo che, tra varie difficoltà provenienti dalla lobby connessa a Ciampi, successore di Amato, riuscì a mantenere. C’era di mezzo qualche disappunto per la pessima figura fatta proprio da Azeglio Ciampi nella crisi finanziaria dell’agosto del 1992, quando impegnò la Banca d’Italia in un’errata difesa della lira, così sbagliata da costringere il governo alla manovra da 100 mila miliardi di lire col prelievo forzoso di denaro dai conti correnti degli italiani.
Quando Berlusconi vinse (parzialmente) le elezioni del 1994, si parlò di Parisi come del segretario generale della stessa presidenza, compito poi affidato a Franco Frattini, beneficiario di una folgorante carriera politica e di un altrettanto immediato e inspiegabile tramonto. Il trasferimento a Milano, come city-manager, offre a Parisi l’occasione per misurarsi direttamente con l’amministrazione, passando dalla posizione di consulente, ancorché d’alto livello, a quello di responsabile dell’immensa macchina comunale della capitale morale e di riferimento speciale per l’altrettanto immenso mondo delle partecipate, tra le quali spicca l’Aem.
Il giudizio, in generale, sul suo operato, da Malpensa-hub, a Fastweb, dall’avvio del cablaggio di Milano, all’impostazione del rilancio edilizio, è così positivo da spingere Antonio D’Amato, assurto alla presidenza di Confindustria nel 2000 a nominarlo direttore generale dell’Associazione. Da qui, si trasferisce, nel 2004, finito l’incarico di D’Amato, a Fastweb, come amministratore delegato. In questa posizione, viene colpito dal cosiddetto scandalo delle false fatturazioni: costretto alle dimissioni, verrà successivamente del tutto scagionato dalle accuse.
Insomma, Stefano Parisi è un manager capace di operare nel pubblico e nel privato, che aveva trovato(mentre presiedeva l’associazione confindustriale delle imprese innovative) un suo specifico spazio imprenditoriale con la fondazione e la gestione di Chili, la videoteca online che, con le difficoltà naturali di chi concorre con grandi multinazionale, si stava facendo un significativo spazio di mercato. È lui che ora Berlusconi chiama per concorrere a sindaco di Milano. Una stima, quella di Berlusconi, mai venuta meno e, in realtà, mai sostanziatasi realmente in un incarico ministeriale per il modo contraddittorio e approssimativo con il quale il cavaliere ha gestito e gestisce le relazioni no-business, come dimostrano le imperiture amicizie con gli uomini dei suoi affari da Confalonieri a Galliani e la caducità delle altre.
Certo, la strada è difficile e in salita: Parisi è romano (e il precedente Ferrante è lì a dimostrare le difficoltà che un elemento estraneo incontra nella politica milanese, anche se occorre precisare tra i due non c’è confronto vista la sensibilità politica e la capacità di leadership di cui Parisi è portatore sano) ed ha lavorato poco a Milano. Però è sempre stato fuori dalla politica politicante. Per molti versi, un vantaggio.
E qui torniamo alla domanda iniziale. È evidente che la battaglia (per l’elezione a sindaco) può essere perduta. Ma perdere una battaglia non significa perdere una guerra imminente, quella delle elezioni politiche e della possibile leadership del centro-destra. Forse, una sconfitta su Milano converrà a Parisi se sarà utilizzata come preparazione per affrontare quella più importante. Dimostrandosi, come si dimostrerà, un buon combattente il neocandidato potrà trasformarsi da meteora in stabile riferimento politico, con grandi chanches di diventare lui l’antagonista di Renzi nelle elezioni generali che si vanno profilando più per il 2017 che per il 2018.
Si tratterebbe di una competizione interessante dal risultato non scontato che restituirebbe agli italiani il gusto di una battaglia elettorale condotta tra persone dotate di una simile voglia di fare, aliene dai logori riti della prima e della seconda Repubblica. Credetemi: parlo di ipotesi realistiche e molto più concrete di quanto si possa immaginare.