MilanoFinanza, 9 febbraio 2016
Tutti i problemi di Saipem
Azioni a picco a 0,4 euro (-23%), diritti inchiodati a 0,23 euro. L’ultima settimana dell’aumento di capitale Saipem, che si chiuderà giovedì 11, si è aperta ancora una volta all’insegna di volatilità e speculazione. Ha contribuito a schiacciare il titolo, oltre all’inevitabile allineamento delle azioni al valore sempre più basso dei diritti, anche il rischio downgrading da parte di Standard & Poor’s, che ha messo la società sotto creditwatch negativo a causa di uno scenario di mercato che vede il petrolio sempre più debole.
L’abbassamento di un notch potrebbe avvenire entro maggio prossimo. Il 28 ottobre 2015, Saipem aveva ottenuto da Standard & Poor’s un credit rating preliminare di BBB- con outlook stabile, mentre Moody’s aveva assegnato un rating, sempre provvisorio pari a (P)Baa3, ugualmente con outlook stabile. Saipem ha preso atto della decisione di S&P e ha subito inserito l’incognita di un declassamento del merito di credito in un supplemento al prospetto informativo. Va precisato però che un eventuale downgrading non avrebbe ripercussioni sull’aumento di capitale, per la riuscita del quale il ruolo del consorzio di garanzia si sta dimostrando sempre più decisivo. «Né l’avvio della procedura di creditwatch né l’eventuale successivo abbassamento di un livello del rating di Saipem comportano l’automatica decadenza degli impegni dei garanti dell’aumento di capitale», si legge nel documento.
Verrebbero però rinegoziate le commissioni pagabili alle banche, in modo da riflettere «il diverso grado di rischio dell’aumento di capitale», con un «marginale impatto sul fabbisogno finanziario netto del gruppo» nei prossimi 12 mesi. Se il rating scendesse sotto BBB- (quindi sotto il livello investment grade) ne risentirebbero anche gli interessi sulle linee di credito concesse dalle banche, per circa 4,7 miliardi di euro. Saipem stimava di ridurre il costo del debito, in particolare di abbassare lo spread medio ponderato applicato ai debiti in essere verso il gruppo Eni dal 2,4 al 2%. Il contratto di finanziamento con le banche, però, prevede che se scende il rating i margini applicati su alcune linee di credito siano automaticamente aumentati fino allo 0,45% annuo, e che Saipem sia tenuta a mantenere un rapporto tra debito finanziario netto ed ebitda non superiore a 3.
L’11 febbraio si conoscerà anche l’ammontare dell’inoptato, che alcuni trader cominciano a calcolare in un 10% circa su 440 milioni di diritti, circa il 9,5% del capitale. L’aggiornamento fornito da Saipem al mercato comprende anche la relazione della società di revisione Ernst & Young sui dati previsionali 2015, in particolare per quanto riguarda l’ebitda sottostante atteso per fine esercizio, ovvero il risultato operativo prima degli ammortamenti e delle svalutazioni del capitale. La previsione è di circa 1,2 miliardi di euro, numero che la società non aveva inserito nel prospetto «per errore materiale» ma che è in linea con le previsioni del management comunicate al mercato. Infatti non ha sorpreso gli analisti né i revisori, che la considerano fondata su «una base ragionevole». Le assunzioni della società oltre che sul dato di 800 milioni di euro dei nove mesi 2015, si fondano sulle stime di ebit. Considerando le svalutazioni del capitale di esercizio (700 milioni di euro) e delle immobilizzazione tecniche (200 milioni) consuntivate al 30 settembre scorso, «in assenza di elementi che facciano presupporre altre svalutazioni, si ritiene che l’ebitda underlying conservi la propria attualità». Il dato, infatti, sconta già l’ebit 2015 (previsto in rosso per 450 milioni di euro), le svalutazioni effettuate finora per 900 milioni e anche gli ammortamenti calcolati per tutto lo scorso esercizio a 750 milioni.