la Repubblica, 7 febbraio 2016
I due telescopi che cambieranno il punto di vista sull’universo
Due occhi si stanno aprendo nell’universo, e sono i più grandi che si siano mai spalancati sulla luce delle stelle. Uno dalla terra, il secondo dal cielo, esploreranno pianeti, soli e galassie miliardi di volte più deboli rispetto a quel che può percepire una pupilla umana.
L’European Extremely Large Telescope (E-Elt) è in costruzione in Cile e un consorzio italiano guidato da Astaldi si è appena aggiudicato il contratto per realizzare l’infrastruttura (strumenti esclusi). Il suo occhio da 39,3 metri di diametro (il quadruplo rispetto ai più grandi telescopi esistenti) si spalancherà nel 2024. Tra meno di tre anni – ottobre 2018 – verrà invece lanciato in orbita il James Webb Space Telescope: erede di quell’Hubble che in 25 anni di lavoro ci ha regalato le immagini più spettacolari dell’universo e che dovrebbe andare in pensione alla fine del decennio.
Il telescopio spaziale Webb sarà 3 volte più grande di Hubble (il suo specchio raggiunge i 6,5 metri di diametro) e orbiterà intorno al Sole a un milione e mezzo di chilometri da noi. L’ultimo dei 18 pannelli di cui è composto il suo occhio è stato installato giovedì alla Nasa. Ci sono voluti bracci robotici, misuratori laser e una «camera pulita» in cui sono banditi i granelli di polvere per posizionare con la massima precisione tutti gli specchi di berillio ricoperti d’oro pesanti solo 40 chili, capaci di funzionare a -230 gradi, progettati per captare luce visibile e radiazione infrarossa.
L’Italia festeggia sia perché fa parte di entrambi i progetti (nel James Webb tramite l’Agenzia spaziale europea), sia perché Astaldi e altre due ditte consorziate (Cimolai ed Eie Group, specializzata in infrastrutture per l’astronomia) si sono aggiudicate la costruzione del supporto e della cupola del telescopio in Cile. Ora le nostre aziende entreranno nella trattativa finale con gli scienziati dell’European Southern Observatory che stanno portando a termine il progetto per firmare il contratto a maggio. In tutto – ma la stima include anche specchio e strumentazione scientifica – il più grande telescopio terrestre costerà circa un miliardo di euro (8 miliardi di dollari invece il conto del James Webb).
Strumenti tanto grandi e tecnologie così estreme (i 18 specchi del telescopio spaziale dovranno spalancarsi come un fiore dopo il lancio in un ambiente dove la temperatura non è lontana dallo zero assoluto, mentre l’E-Elt catturerà oggetti 13 volte meno luminosi dei più grandi telescopi esistenti) servono a catturare le stelle e le galassie più lontane da noi: quelle che si sono formate per prime dopo il Big Bang e fungono dunque da “reperti archeologici” dell’universo primordiale.
Una delle domande che più intrigano gli astronomi, ma anche tutti noi, riguarda poi l’esistenza di pianeti simili alla Terra e potenzialmente abitabili. Per la prima volta i due strumenti da record avranno una risoluzione sufficiente a capire la composizione degli esopianeti e delle loro atmosfere. Nel mirino dei due telescopi entreranno poi i buchi neri e gli eventuali indizi di quella materia ed energia oscure che compongono il 95% dell’universo ma delle quali nulla sappiamo.
Se Terra e cielo sono le case di questi due occhi, i loro punti di osservazione non sono stati scelti a caso. L’E-elt sarà costruito sulla montagna cilena Cerro Armazones, nel deserto dell’Atacama, a 3mila metri di altezza e in un luogo in cui piove talmente poco (10-15 giorni all’anno) da rendere l’atmosfera tersissima. Il telescopio Webb verrà spedito invece in orbita attorno al Sole, dove nessun uomo potrà mai raggiungerlo in caso di guasto. Il dettaglio non è da poco conto, vista la sua complessità e il precedente di Hubble, che – in orbita attorno alla Terra – è stato riparato e migliorato dagli astronauti per ben cinque volte.