la Repubblica, 7 febbraio 2016
Il padre uccide la madre ma il figlio lo scopre solo trent’anni dopo. Un cold case all’italiana che finisce con un ergastolo
Sono cresciuto pensando che mia madre mi avesse abbandonato.
La verità l’ho scoperta dopo 27 anni e ora che mio padre è stato condannato all’ergastolo rivivo un dolore così forte che non ho voglia di manifestarlo a nessuno». Di essere il figlio di un assassino, Liborio Scudera lo ha saputo a 33 anni, quando un paio di frasi smozzicate della nonna materna gli hanno consentito di squarciare il velo della grande bugia che suo padre gli aveva raccontato quando lui aveva solo 6 anni.
Un giorno di aprile del 1987 sua madre non era più tornata a casa. «Se n’è andata con un altro uomo», fu la lapidaria spiegazione data al bambino subito prima di lasciare Gela e la Sicilia e trasferirsi a Pesaro insieme alla cugina della moglie, che sarebbe diventata la sua compagna e dalla quale dieci mesi dopo avrebbe avuto un altro figlio. E invece Rosaria Palmieri, la giovanissima mamma di Liborio, era già sotto terra, uccisa e seppellita da quel marito, Vincenzo Scudera, che aveva persino osato, quattro anni dopo, chiedere il divorzio accusando la donna di abbandono del tetto coniugale.
Se dopo quasi 30 anni questo terribile cold case familiare è stato risolto, è grazie a Liborio Scudera, oggi 35enne, titolare di una piccola impresa edile a Pesaro, quella che è diventata la sua città adottiva, dove ha vissuto per tutti questi anni con il padre prima di sposarsi con un’avvocatessa che lo ha sostenuto e incoraggiato nel doloroso cammino verso la verità consentendo ai carabinieri di aprire quell’inchiesta cha ha portato prima all’arresto di suo padre e ora alla condanna all’ergastolo.
Il corpo di Rosaria Palmieri, 22 anni appena, non è stato mai trovato ma a Gela qualcuno in famiglia sapeva e taceva. Pensava che volesse regalarla a lei facendole una sorpresa. Ma quella collana poi tua madre la vide al collo della cugina e non ebbe più dubbi che i due avevano una relazione. E infatti, un mese dopo la scomparsa di tua madre, hanno preso te e se ne sono andati a vivere insieme a Pesaro».
Liborio è sconvolto, confida il racconto della nonna alla sua compagna, Elisa Parini, avvocato, e decide di scoprire la verità. A quel punto, nel gennaio del 2013, Elisa Parini invia una mail ai carabinieri di Roma: «Il mio compagno, dall’età di sei anni, non vede e non ha più notizie di sua madre, Rosaria Palmieri scomparsa nell’aprile del 1987. Ci stiamo attivando per richiedere una attestazione di morte presunta. Ed è proprio questa mail a far partire l’indagine. A Gela, il maggiore Valerio Marra scopre che nessuno aveva mai presentato una denuncia di scomparsa e così rispolvera un vecchio verbale di un pentito delle cosche gelesi, Carmelo Riggio, che dice di sapere che la ragazza era stata uccisa e sepolta dal marito. Il procuratore di Gela Lucia Lotti si butta anima e corpo nella soluzione di questo cold case e, con grande fatica, riesce a strappare alla mamma di Rosaria Palmieri e ad altre donne della famiglia la conferma del racconto fatto al nipote. Altri pentiti delle cosche gelesi dicono di aver sentito parlare di quel vecchio omicidio negli ambienti criminali ai quali Vincenzo Scudera era vicino. Lui, arrestato nel 2014, nega tutto: «Non ho ucciso mia moglie, lei è scappata con un altro», ma non sa dire chi. La Corte d’assise di Caltanissetta non gli ha creduto e anche se il corpo di Rosaria non è mai stato trovato, lo ha condannato all’ergastolo.