Corriere Economia, 8 febbraio 2016
Troppe idee, pochi utili: la Borsa punisce Amazon
Oggi Jeff Bezos è un po’ più povero. In una sola settimana, la scorsa, è scivolato dal quarto al sesto posto nella classifica dei più ricchi al mondo stilata da Bloomberg news, superato da un altro fondatore e ceo dell’industria hi-tech, Mark Zuckerberg (Facebook) e dal magnate messicano Carlos Slim. Il motivo è che quasi tutto il patrimonio di Bezos – 47,6 miliardi di dollari – è in azioni del gigante dell’ecommerce, da lui fondato nel 1994.
Amazon.com l’anno scorso era stata una delle società con la miglior performance a Wall Street (+118%), ma dall’inizio del 2016 le sue quotazioni sono scese del 16% e in particolare sono crollate dopo la pubblicazione dell’ultimo bilancio, avvenuta a fine gennaio, nonostante mostrasse i profitti trimestrali più alti di tutta la sua storia.
Il problema è che i profitti, più che quadruplicati rispetto a un anno prima, restano comunque pochissimi, solo 600 milioni di dollari, rispetto ai 107 miliardi di fatturato. Bezos reinveste quasi tutti i guadagni nel rendere sempre più grande il suo impero e non si cura di far capire in anticipo agli analisti come andranno i conti trimestre per trimestre. Così le aspettative degli investitori quasi sempre non sono soddisfatte. E Amazon.com sale e scende in Borsa come sull’ottovolante: assomiglia più a una penny stock (titolino volatile) che a una solida blue-chip (titolo-guida), ha commentato Bloomberg news.
I resistenti
Suoi fan restano gli investitori più coraggiosi, che credono nella visione di lungo termine di Bezos. Le cui ambizioni ormai spaziano dalla conquista di Hollywood a quella del salotto, anzi dell’intera casa «intelligente» delle famiglie. «Vogliamo vincere un Oscar», ha detto Bezos. Il primo film prodotto dagli Amazon Studios – Chi-Raq di Spike Lee, uscito a fine dicembre – non ce l’ha fatta a essere nominato per la cerimonia del 28 febbraio. Ma Roy Price – l’ex manager di Walt Disney, dal 2010 responsabile della produzione cinematografica di Amazon.com – ce la metterà tutta ad afferrare una statuetta con i prossimi lavori: 16 l’anno. A suo credito, ha già vinto parecchi Golden Globe e Emmy Awards per le serie di telefilm Transparent e Mozart in the Jungle; e fra i registi celebri che è riuscito a ingaggiare c’è anche Woody Allen.
Film e telefilm sono importanti nella strategia di Amazon.com perché la visione online dei suoi contenuti originali è uno dei benefit dell’abbonamento a Prime negli Stati uniti, Gran Bretagna e Germania: serve a fidelizzarli e a incentivarli a spendere di più (negli altri Paesi, come l’Italia, il servizio Prime per ora garantisce solo la consegna gratis entro due giorni della merce acquistata). Amazon.com non diffonde cifre precise sugli utenti di Prime, ma si stima che siano 54 milioni solo negli Usa, cioè circa la metà delle famiglie: ognuno spende in media oltre 1.000 dollari l’anno, circa il doppio dei non membri, oltre a pagare 99 dollari per l’abbonamento annuo.
In casa
Se con Prime Bezos vuole occupare i salotti, con Amazon Echo vuole diventare il punto di riferimento di tutta la casa «intelligente», facendo concorrenza diretta ai progetti simili di Apple, Alphabet e Microsoft. Via Internet, Echo si collega ad Alexa, un’assistente «virtuale» che risponde a domande e ordini di tutti i tipi: per farne la pubblicità Amazon.com per la prima volta ha comprato uno spot tv durante il Super Bowl (5 milioni di dollari il costo stimato), in cui appare l’attore Alec Baldwin.
Amazon.com sta diventando insomma sempre più onnipresente: fra poco anche per strada. Dopo l’esperimento della prima libreria nella sua città natale, Seattle, l’anno scorso, sta programmando infatti l’apertura di 400 negozi fisici in America, secondo il responsabile della catena di centri commerciali Sandeep Mathrani. L’obiettivo non sarebbe solo fare una spietata concorrenza al rivale Barnes Noble: secondo gli analisti del Wsj i negozi diventeranno dei magazzini decentrati per tutta la merce venduta online, tagliando i costi delle consegne e delle rese. La spesa per «mattoni e cemento» sarebbe quindi più che compensata dai risparmi sulla logistica e inoltre il poter disegnare i negozi fisici come complementi di quello online rappresenta un grande vantaggio rispetto ai commercianti tradizionali come Wal-Mart, che ha dovuto fare il contrario e ora sta chiudendo 150 iper-mercati negli Usa.
A proposito di logistica, Bezos sta anche pensando di farne un business a parte, al servizio di altre aziende, come ha gia’ fatto con i servizi «nella nuvola» (Amazon web services) arrivati a rappresentare l’11% di tutto il fatturato, e la parte più redditizia.
Chi mai fermerà la mente vulcanica di Bezos? Lui è carico di energia come 21 anni fa. «Mi sento sempre come il primo giorno», ha detto. Alla faccia di Wall Street.