La Stampa, 8 febbraio 2016
Il grande affare dei voucher
Un’irresistibile crescita quella dei voucher, che da gennaio a novembre 2015 hanno polverizzato ogni record. Una “sconcertante vendita” l’ha definita la numero uno della Cgil, Susanna Camusso: “Tutti siamo sconcertati dal fatto che sono stati erogati oltre 100 milioni di voucher. Si è tolta una forma di lavoro precaria e ne è stata introdotta una peggiore”. In effetti nel 2013 erano 36.358.295 i voucher venduti, nel 2014 furono 61.129.114 (+68,1%), per arrivare a 102.416.348 nel 2015 (+67,5%), sempre da gennaio a novembre di ogni anno. Che sta succedendo? Le ipotesi sono diverse. Nata in via sperimentale nel 2008 per assorbire e portare in chiaro lavori e lavoretti generalmente in nero, in pochi anni la formula ha conquistato datori di lavoro e lavoratori, vista la sua semplicità e versatilità. Ogni buono ha un valore facciale di 10 euro e tende a stabilire surrettiziamente il valore di 10 euro lordi all’ora, una sorta di anteprima del salario minimo orario. In realtà il netto è di 7,5 euro, il resto si spalma tra contributi Inps, assicurazione Inail e margine di servizio Inps. Nati per target definiti (pensionati e giovani) i voucher hanno via via abbattuto ogni barriera e oggi sono estensibili a tutti. La crescita media più forte (+80%) è stata a sud. Ai sindacati non piacciono perché favoriscono la sparizione dei contratti di categoria, individualizzando i rapporti di lavoro. Nati per piccoli lavori sono diventati un grande affare.