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 2016  febbraio 08 Lunedì calendario

Tutti quelli a cui piace Beppe Sala. Quasi pronto il partito della Nazione?

Punto e a capo a Milano cambia tutto: fine della rivoluzione arancione di Giuliano Pisapia. E inizio della corsa a Palazzo Marino di Beppe Sala – detto Giuseppe, quando guidava Expo – il candidato del centrosinistra più amato dal centrodestra. Pure Silvio Berlusconi lo avrebbe voluto, il candidato perfetto passato dal top management di Pirelli e Telecom a city manager di Letizia Moratti. Portato in palmo di mano da Bruno Ermolli il gran consigliere del Cavaliere, per finire ai piani alti di Expo, il suo trampolino di lancio. «Mi piacerebbe lui», aveva detto Matteo Renzi incoronandolo sul Decumano.
La corsa verso giugno è ancora lunga. Una parte della sinistra che lo ha tallonato alle primarie potrebbe non sostenerlo più ma lui tira dritto. «Voglio una Milano a misura d’uomo e un Comune che va veloce», promette mister Expo che in cantiere ha già un bel po’ di cantieri. Dalla linea 4 della metropolitana al prolungamento della metro fino a Monza passando ai Navigli coperti negli Anni Venti che vorrebbe riscoprire. Ma il piatto più goloso è il futuro dell’area Expo, grande come 110 campi da calcio. Il governo metterebbe 150 milioni, il resto i privati per tirar su un polo scientifico su genomica e big data. Renzi ha spinto per infilare nella partita l’Iit di Genova di Roberto Cingolani. A Milano hanno abbozzato. Gianfelice Rocca di Assolombarda guarda oltre: «Essere in quell’area vuol dire essere nel posto work to be. Bisogna pensare in grande». Come vorrebbe fare Beppe Sala che promette di rimettere mano pure alle ex aree ferroviarie dismesse che valgono 1 milione e 250 mila metri quadri. Il piano per edificare 674 mila metri quadri è stato bocciato. Con lui torneranno in agenda a palazzo Marino.
Più cantieri vuol dire più lavoro. Ma pure più affari per le imprese, le più grandi erano già a Expo. E per le cooperative, da quelle rosse a quelle bianche, innamorate di questo uomo del fare. In cerca di nuovi referenti politici, Cl non si sposta a sinistra ma Massimo Ferlini il numero 2 della Compagnia delle Opere, con un passato tra i miglioristi del Pci, lo dice da sempre: «Sala porta una ventata di quel riformismo che questo governo sta cercando di portare avanti a livello nazionale». Un endorsement che a sinistra ha imbarazzato quanto quello di Denis Verdini. Tanto che a Beppe Sala, e non era mai successo alle primarie, hanno chiesto come un mantra il patentino di sinistra. Così come gli chiederanno dei rapporti con le imprese di Expo, passati ai raggi X dalla procura di Milano. Una per tutte Eataly, con Oscar Farinetti già in corsa per mettere le mani sull’area del’Ortomercato.
Alla Milano più di sinistra sono piaciute le aperture al reddito minimo comunale lanciato da Pierfrancesco Majorino, l’altro candidato alle primarie che non si è tolto di mezzo ostacolando Francesca Balzani appoggiata da Giuliano Pisapia. Beppe Sala, se non è stata tattica elettorale si era detto possibilista: «Vorrei solo vedere se ci sono le risorse». Tutto il resto è piaciuto agli altri suoi grandi sponsor: da Marco Tronchetti Provera a Piero Bassetti che per primo lo ha indicato come candidato, da Umberto Veronesi ad Alberto Foà del fondo di investimenti AcomeA ad Andrea Guerra ora alla guida di Eataly. Quella borghesia milanese ora alle prese con un dilemma se il centrodestra candidasse come sembra Stefano Parisi, ex direttore generale di palazzo Marino ai tempi di Gabriele Albertini, passato dai vertici di Confindustria e poi di Fastweb. Praticamente un clone di Beppe Sala che giura di temerlo più di tutti. Ma se poi scendessero a patti, il partito della Nazione sarebbe bello che pronto.