Corriere della Sera, 8 febbraio 2016
Guido Bertolaso fa il punto su Roma (anche se non parteciperà alla corsa a sindaco)
«Come va? Non bene, grazie...». Guido Bertolaso, ex capo della Protezione civile, per un bel pezzo uno degli uomini più potenti d’Italia prima di finire affondato dalle vicende giudiziarie (il terremoto a L’Aquila, il G8, il Salaria Sport Village e i rapporti con Diego Anemone), si trova a Londra e fin dalla prima risposta al telefonino appare seccato.
Bertolaso, che succede?
«Che purtroppo ne ho già lette troppe di illazioni, polemiche, stronz...».
Si riferisce alla sua rinuncia alla candidatura da sindaco di Roma?
«Ecco sì, proprio a quella».
Lei ha scritto a Silvio Berlusconi, parlando di motivi personali. Ce li può spiegare?
«Con piacere, così facciamo chiarezza. Da 27 mesi sono felicemente nonno di una bambina che vive con mia figlia e mio genero a Londra».
Congratulazioni e auguri. Cosa c’entra con la politica?
«Giovedì scorso, appena uscito da una trasmissione televisiva, mia figlia mi ha informato che mia nipote doveva essere ricoverata urgentemente in ospedale».
Cos’ha la piccola?
«Una malattia rara, che fortunatamente abbiamo preso in tempo. La situazione è sotto controllo, è fuori pericolo. Ma io sono partito di notte e ora sono qua, dove resterò per tutto febbraio. Sono distrutto da questa situazione. E, come sapete, sono anche medico, abituato a guardare avanti...».
È questo il vero motivo per il quale non si candida?
«Ho scritto a Berlusconi, l’ho informato che non me la sentivo. Sono una persona seria: non voglio far perdere tempo a nessuno».
Prima si era detto disponibile...
«Ero pronto a impegnarmi per la mia amata città. Lei è romano?».
Dalla nascita.
«E allora avrà visto in che stato è ridotta: mi sarei occupato di rifiuti, di strade, del degrado. Ma avrei dovuto avere la testa sgombra».
Non sono stati i suoi avvocati a consigliarla?
«L’ho sentito: Bertolaso ha paura, era nell’aria che lasciasse perdere... Sciocchezze: devo ancora affrontare due processi, ma ho già avuto 5 archiviazioni e il procedimento più importante è in fase conclusiva. Non ho nulla da temere».
La concorrenza con Alfio Marchini non c’entra?
«Macché. Nel centrodestra non erano neppure tutti d’accordo su di lui».
E allora dipende dal veto posto da Salvini su di lei?
«Salvini odia Roma, non pen so che qualcuno ne dubiti. Gli fa comodo puntare su un candidato debole come Marchini, che non cambierà le cose».
E perché al leader leghista farebbe comodo questo scenario?
«Ma le pare che Salvini voglia che Roma rinasca, che diventi una capitale anche culturale e che superi Milano in tutte le statistiche?».
Come vede il Pd?
«A Giachetti voglio bene, ma non so se ce la farà. Morassut ha seguito e poi D’Alema e gli altri si schiereranno con lui, se non altro per dare fastidio a Renzi».
Gliel’ha chiesto Berlusconi di ritirarsi dalla sfida?
«No, anzi ha insistito fino all’ultimo. Spero di non avergli creato problemi, che si trovi una convergenza».
Per il Campidoglio si voterà a giugno. Sarebbe disponibile per un incarico, da vicesindaco o assessore?
«Mi ero messo a disposizione per prendere sulle mie spalle il futuro della città: avevo già pensato a una squadra, a dei programmi precisi. Ora mi ritiro in silenzio: sono scomparso da sei anni, non ho bisogno di poltrone. Faccio il medico in Africa, il nonno. Aspetto la conclusione dei processi, poi vedremo nel futuro».
Parlava di programmi. Cosa avrebbe fatto da sindaco?
«Roma da Caput Mundi non è più nemmeno Caput dell’Italia... La città è sporca, la prima cosa è togliere la spazzatura dalle strade. Poi i trasporti. Terzo, i quartieri: la smetterei di parlare di periferie».
E la squadra? Un nome?
«Non voglio mettere in imbarazzo nessuno, ma c’erano una serie di persone fuori dai partiti pronte a impegnarsi solo perché glielo avevo chiesto io... Peccato».