Corriere della Sera, 5 febbraio 2016
Non solo Roma. A Catania sono morosi 9 inquilini su dieci, in piazza San Marco affitti a 76 euro
Era venerdì. Correva l’anno 2000 e sarebbe stato un venerdì indimenticabile, per gli occupanti abusivi di 25.368 case popolari in Campania. Quel giorno venne approvata dalla Regione una sanatoria tombale, che li regolarizzava tutti quanti. Appena un dettaglio che quel venerdì precedesse di appena due giorni le elezioni regionali che avrebbero consacrato per la prima volta governatore Antonio Bassolino. Non che quel supercondono avesse stroncato la piaga, se è vero che qualche anno dopo una indagine della Corte dei conti censì quasi 18 mila nuovi abusivi, raccontando che su 42 euro di affitto medio mensile la morosità raggiungeva 28 euro e 50. Con il risultato che l’ente di gestione delle case popolari napoletane incassava mediamente 13 euro e 58 centesimi al mese. Ed era grasso che colava.
Cifre comunque stratosferiche, se si considera che a Roma gli inquilini di 7.066 case popolari pagano (meglio, dovrebbero pagare) una pigione di 7 euro e 75 centesimi al mese. Ma Napoli sta a dimostrare come il caso della Capitale, che infiamma le cronache di questi giorni, non sia affatto isolato. Una ricerca condotta qualche anno fa da Censis e Federcasa (l’associazione che riunisce gli enti delle case popolari) insieme a Dexia Crediop aveva dato risultati sconcertanti. Nel Comune di Milano le case popolari occupate abusivamente risultavano 3.409, ossia il 5,2 per cento. A Roma 5.863, l’11,1 per cento. Ma a Catania si arrivava al 23,9 per cento e a Palermo addirittura al 27 per cento.
E la morosità? Eccola: 10,2 per cento a Milano, 32,5 a Torino, 34,7 a Palermo, 41,2 a Roma, 44 a Cagliari, 75 a Cosenza fino ad arrivare a un astronomico 92,5 per cento a Catania. Dove dunque pagava la pigione, sempre secondo i dati di questa ricerca, nemmeno un inquilino su dieci. Che questo record avesse qualcosa a che fare con il costo dei canoni applicati alle case popolari nel capoluogo etneo, dove si pretendeva un affitto medio di ben 67 euro al mese? Chissà. Di sicuro si trattava di una cifra scandalosamente superiore a quella che frutterebbe oggi in media l’intero patrimonio abitativo pubblico del Comune di Roma, comprese le case popolari e quelle storicamente di proprietà comunale: 52 euro e 46 centesimi al mese per ogni alloggio.
La verità, a Catania come a Napoli e Roma, ma anche in città del civilissimo Nord, è che la casa pubblica è sempre stata usata, con maggiori o minori gradazioni, anche come moneta di scambio nei rapporti clientelari: la storia di quella sanatoria napoletana fatta due giorni prima delle elezioni dice tutto. Del resto i quasi 770 mila alloggi popolari disseminati in tutto il Paese, che ospitano due milioni di persone, non sono forse sono gestiti da enti, gli ex istituti delle case popolari, i cui vertici sono designati dai livelli politici delle amministrazioni locali? E la scarsa, o in qualche circostanza addirittura inesistente, lotta all’abusivismo, non è forse un altro aspetto di quel clientelismo che in certi contesti sociali alimenta il consenso? Per capire quello che accade da anni in tutta Italia, e soprattutto comprendere perché in nessuna città il fenomeno sia stato affrontato con la determinazione necessaria a stroncarlo, bisogna partire da qui.
Funziona così per gli alloggi popolari, e funziona così per lo sterminato patrimonio pubblico di altra natura. Alloggi dei Comuni, delle Regioni, come pure degli Ipab, gli Istituti di pubblica assistenza e beneficienza di origine religiosa trasferiti alle stesse Regioni. Succede nella Capitale e succede a Bergamo, dove due anni fa si è scoperto che qualcosa come 199 alloggi erano stati assegnati ad amici e parenti, con in sovrappiù l’erogazione illegale di contributi pubblici all’affitto. Succede a Napoli e succede a Venezia, dove fece scalpore l’elenco degli immobili di un’azienda sanitaria locale piovuto nel consiglio regionale: scalpore più che giustificato dai 76 euro mensili di pigione previsti per un appartamento di cinque stanze a San Marco e dai 237 euro mensili per un alloggio di ben nove locali a Cannaregio. Non bastasse, fra i fortunati beneficiari delle generose assegnazioni si potevano rintracciare senza troppa fatica i nomi di un altissimo dirigente della Regione Veneto, di uno strettissimo collaboratore del governatore allora in carica, di un ex assessore comunale...