Chi, 3 febbraio 2016
Sarri intervistato da Cecchi Paone parla di gay, omofobia, amicizia e tabù
Credetemi, non è l’omofobia a dividere Sarri da Mancini! E non solo perché hanno fatto pace, il primo scusandosi, il secondo dicendo che se fosse gay ne sarebbe, giustamente, orgoglioso. La realtà è che sono gli uomini più diversi che si possano far incontrare e... scontrare. Tanto l’allenatore dell’Inter tiene al look elegante, pettinato, stirato; quanto quello del Napoli è informale, infagottato, mal rasato. E, infatti, quando vado a trovarlo per “Chi” nel suo bunker di Castel Volturno, dove prepara la squadra capolista della serie A, mi trovo a tu per tu con un omone più alto di me, avvolto da nuvole di fumo di sigaretta, che beve caffè forte da bicchierini di plastica sparsi sulla scrivania. Siamo soli: io, lui e il nostro fotografo. Vuole spiegarsi. non gli va giù di passare per omofobo. Gli faccio notare che quelle due parolacce che iniziano per “F” le ha dette. Al che comincia ad agitare le manone da figlio di operai metalmeccanici emigrati a Bagnoli sessant’anni fa: «Senta, Paone», mi spiega, «ma lei mi ha visto bene? Io a Mancini volevo colpirlo sul fatto che scende in campo elegante come per un ricevimento. Fighetto, volevo dirgli, mica quella roba sul sesso!». Ribatto che “fighetto” gli è rimasto in gola. E lui sbotta: «Ma ce lo vede un toscanaccio come me che in una lite con i nervi a fior di pelle dice all’altro solo che è un precisino?».
In effetti non ce lo vedo. Visto dunque che il punto vero è lo stile dell’abbigliamento, per far la pace si sono scambiati non a caso la sciarpa celeste che Mancini porta di solito annodata impeccabilmente sul soprabito. Sarri se l’è buttata intorno al collo com’è capitato, tra “pile” spiegazzati e sottomaglie nere che dice gli portino fortuna. Sarà!... Fatto sta che il “mister” ci ha rimediato squalifiche e multe.
Non volendo comunque perderci la faccia, ha accettato di ospitale il mio San Vito Positano, squadra in categoria Eccellenza schierata contro tutte le discriminazioni, per una partita contro i suoi supercampioni. Il presidente De Laurentiis ci ha dato man forte, dando l’ok alla diretta in alta definizione della partita su Mediaset Premium. Un evento senza precedenti, che i miei giovani calciatori vivono ammutoliti nello spogliatoio del Napoli come fossero in un tempio. Offrono come messaggio a tutto il mondo del calcio italiano la frase che è scritta sulle nostre magliette: “Siamo tutti uguali”.
I semidei in azzurro subito le indossano anche loro, in segno di piena condivisione. Sarri firma la mia maglia con le lacrime agli occhi. Gli chiedo perché. «Perché penso al mio migliore amico gay, un antiquario fiorentino morto troppo presto, che mi manca molto. S’indignerebbe a sentirmi accusare di omofobia», protesta. Ma noi protestiamo anche contro il razzismo, gli ricordo. Al che, gongola quasi: «La faccio parlare con la mia suorina della Valdarno. Si occupa delle donne africane in difficoltà con la sua casa-famiglia qui in Italia, e anche laggiù, tramite le adozioni a distanza. Con i miei amici la finanziamo da dieci anni». Ci credo, mi ha convinto, gli dico, non c’è bisogno di disturbare pure lei.
Ora che mi sono convinto che Sarri è proprio una brava persona, gli chiedo che ne pensa di chi, come Cassano, dice che un gay nello spogliatoio non ci potrebbe mai stare: «Bischerate», risponde, «ci sono stati, ci sono, ci saranno. Spero che questa vicenda, nata male e finita bene, li aiuti a venire allo scoperto. Nel Napoli non avrebbero problemi». Nemmeno nel Positano, ovviamente. Incasso i complimenti per i miei ragazzi: hanno perso 14 a 0, quasi azzoppano Higuain, ma hanno dato una splendida prova di agonismo e civiltà.
Mister 33, come lo chiamano dal numero degli schemi di gioco che ha inventato, ce lo riconosce, e sottolinea il valore del gesto che abbiamo proposto e che la società bianco-celeste ha condiviso. «C’è bisogno di esempi importanti, che indichino la via del rispetto delle differenze reciproche», insiste. «È già successo in altri settori che influenzano la pubblica opinione, ora tocca al mondo del pallone, quello decisivo per il sentire comune degli italiani». Anche il tecnico tosco-partenopeo è convinto, come Prandelli, che lo scrisse nella prefazione a un mio libro sull’argomento, che qualche “coming out” clamoroso possa essere imminente. Probabilmente da parte di qualche campione sulla via del ritiro, che voglia rasserenare, prima di lasciare, la vita privata e professionale dei suoi successori. E dei giovanissimi delle serie dilettanti, meno protetti da uffici stampa, procuratori e società. E dai compagni di gioco. «Sì», conferma Sarri, «la compattezza del gruppo non viene messa a rischio dalle abitudini private degli atleti. I problemi vengono solo da eventuali rivalità tecniche, o dalle inimicizie che a volte si scatenano fra le mogli e fidanzate».
Dunque, è confermato: il tabù va sconfitto nelle tifoserie più aggressive. Sperando che un segnale importante arrivi dal Parlamento, con l’approvazione delle unioni civili, il Napoli e il Positano continueranno a giocare, convinti che “siamo tutti uguali”.