Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 04 Giovedì calendario

Il Pd o la politica come nascondiglio. Travaglio racconta lo strano caso di Bisceglie

Reduce dalla campagna di Quarto – iniziata con la Picierno che chiede le dimissioni della sindaca non indagata dei 5Stelle Rosa Capuozzo e chiusa con Renzi e De Luca che difendono la Capuozzo dimissionata dai 5Stelle – il Pd ha fatto tesoro delle disavventure pentastellate. E ha deciso di impartire al M5S una severa lezione di rigore nella selezione delle classi dirigenti. Dal Piemonte alla Liguria, dalla Lombardia al profondo Sud, regno incontrastato dei peggiori trasformismi (leggere a pag. 5 per credere). In Puglia spicca il fulgido esempio di Bisceglie, dove l’intera giunta di centrodestra con sindaco, assessori, consiglieri e persino l’intera formazione dei dipendenti comunali s’è iscritta in blocco al Pd: 363 persone in tutto hanno chiesto simultaneamente la tessera via email, quasi tutte scrivendo dallo stesso indirizzo, indicando lo stesso numero di cellulare e pagando la quota con la stessa carta di credito. Siccome poi han dovuto presentarsi in carne e ossa nella locale sezione per ufficializzare l’adesione, sono stati sottoposti a stringente interrogatorio.
Prima domanda: “Chi è il segretario nazionale del Pd?”. Purtroppo, forse vinti dall’emozione, alcuni hanno fatto scena muta. Si è provato con qualche aiutino: “Il nome inizia con la M e il cognome con la R”. Ma niente: “Mariano Rumor?”. “Massimo Ranieri”. “Micaela Ramazzotti?”. “Mino Reitano?”. “Marina Ripa di Meana?”.“Massimiliano Rosolino?”. “Mickey Rourke?”. La seconda e ultima domanda riguardava il codice etico del partito, ma si è preferito soprassedere. Anche perché un neoiscritto risultava in libertà vigilata, un altro appena uscito di galera, un terzo in attesa di giudizio. Il che potrebbe addirittura rivelarsi un vantaggio: se qualcuno storcesse il naso, anziché attaccare con la solita giaculatoria della presunzione di innocenza, i vertici del Pd potrebbero rispondere che il partito è estraneo a quei reati, visto che gli autori li hanno eventualmente commessi prima di iscriversi. Senza contare che di solito i politici finiscono dentro dopo l’iscrizione, non prima. Ci sarebbe poi un’altra questioncella: un sindaco eletto col centrodestra contro il Pd che diventa improvvisamente dello stesso partito che fino al giorno prima stava all’opposizione e ora non sa più che pesci pigliare. Ma questa non è che la naturale evoluzione del renzismo, visto che Renzi andò al governo senza mai presentarsi alle elezioni: dal premier senza elettori al sindaco contro gli elettori è un bel progresso.
L’ultima criticità riguarda le cinque casacche cambiate dal neo-acquisto Francesco Spina, sindaco di Bisceglie e presidente della Provincia Bat: dal Ccd a FI alla lista fittiana “La Puglia prima di tutto” (che candidò a Bari l’indimenticabile Patrizia D’Addario) all’Udc al Pd. Ma come fargliene una colpa? Al confronto della neosottosegretaria alla Cultura Dorina Bianchi, che ha girato 7 partiti in 15 anni, è un dilettante allo sbaraglio: può fare di più e di meglio, sempreché dall’ambito locale voglia spiccare il volo verso il governo nazionale.
La transumanza biscegliese, poi, riporta in parità il derby Pd-FI nel Sud: segue l’itinerario inverso a quello dell’intero gruppo consiliare del Pd a Messina, passato armi e bagagli a FI due mesi fa al seguito di Francantonio Genovese, il deputato dem arrestato per truffa, peculato e associazione per delinquere e, appena scarcerato dopo 17 mesi, accolto a braccia aperte da Gianfranco Micciché. Al quale, orfano di Dell’Utri, non è parso vero di mettersi in casa un galeotto già fatto e finito. Che poi vale doppio perché strappato alla concorrenza. “Benvenuto”, gli ha detto Micciché, “siamo felici che Genovese entri nella casa dei moderati”. Circondariale, s’intende. La risposta del Pd non s’è fatta attendere.
Come narra l’Huffington Post, il coordinatore siculo-renziano Davide Faraone ha subito reso la pariglia ai forzisti: appena Totò Cuffaro è uscito da Rebibbia dopo 5 anni (su 7) di galera per favoreggiamento mafioso, ha iniziato a imbarcare i suoi seguaci. Il delfino di Totò, Michele Catanzaro, è già da tempo il braccio destro di Faraone, che due anni fa lo accolse “con immenso piacere” con tutto “il suo gruppo politico” (la masnada che cinse d’assedio il Palazzo d’Orléans in segno di solidarietà verso Totò appena condannato). C’è pure Marco Zambuto, nato cuffariano, poi sindaco di Agrigento col Pd, poi trasmigrato a FI, poi tornato nel Pd di Renzi appena in tempo per diventare presidente dell’Assemblea regionale e dimettersi subito dopo per una visitina a B. ad Arcore. C’è Valeria Sudano, nipote del ras Mimmo, eletta a destra e approdata al Pd con la benedizione urbi et orbi (soprattutto orbi) del vicesegretario Guerini. E c’è Luca Sammartino, già sindaco di Aci Catena, comune poi sciolto sfortunatamente per mafia. Una bella compagnia. Manca solo Vasa Vasa: anziché nel Pd, pare voglia andare in Burundi. Ieri però, intervistato da Alessandro De Angelis dell’HP, s’è detto felice per la transumanza dei suoi: “A me fa piacere. Vanno nel partito che più somiglia a un partito post-democristiano. È al governo, è il partito più forte, essere post-democristiani significa stare con chi governa… Più che rottamare, hanno riciclato. Hanno restaurato i miei tempi. La politica è sempre la stessa, non è cambiata. È solo diventata più disumana, per il resto non ha cambiato sistema ma nascondiglio. Fa le stesse cose di prima, trovando modi e tempi diversi, appunto cambiando nascondiglio”. Bella definizione: la politica come nascondiglio. Sono soddisfazioni.