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 2016  febbraio 04 Giovedì calendario

Non dite mai «casellario sociale» in presenza di Poletti

L’intenzione era di chiamarlo «casellario sociale» ma stavolta il ministro Giuliano Poletti ha opposto il veto per l’evidente analogia che avrebbe rivolto l’attenzione non al sacrosanto monitoraggio degli interventi per il welfare ma al più noto casellario giudiziario. In Italia nelle questioni legate al lavoro e ai servizi sociali c’è da tempo un evidente deficit di produzione lessicale che via via ci ha portato a coniare termini sciagurati come «esodati», riferiti ai pensionati che avevano stabilito di allontanarsi dal proprio lavoro in anticipo e poi hanno subito un improvviso innalzamento dell’età consentita per ritirarsi, «demansionamento» per identificare un cambio della prestazione richiesta al lavoratore e infine «somministrazione» per indicare un inserimento in attività di persone collocate dalle agenzie private del lavoro.
Esodati, demansionamento e somministrazione sono espressioni che si sono imposte con relativa facilità condizionando la qualità della comunicazione e di conseguenza il rapporto tra politica e cittadini. Memore del passato, dunque, Poletti non ha voluto battezzare il «casellario sociale» e ha dato mandato di cercare un altro nome che trasmetta senza distorsioni la decisione di creare un sistema informativo dei servizi sociali. In soldoni lo Stato ha bisogno di sapere chi beneficia delle prestazioni e degli interventi di carattere sociale per verificare se si tratta di scelte coerenti, ad esempio, con l’Isee, l’indicatore che misura la condizione economica delle famiglie. I casi-limite di falsi invalidi poi scoperti hanno contribuito ad accelerare la definizione dell’anagrafe sociale di cui si potranno giovare, tramite accordi con i Comuni, anche tutte le realtà del Terzo settore che erogano prestazioni e hanno l’esigenza vitale di evitare sprechi o doppioni.