ItaliaOggi, 3 febbraio 2016
Donne che hanno il diritto di tagliare cravatte. Succede l’8 febbraio in Germania
Lunedì 8 febbraio sarà un giorno drammatico per i clienti di Marinella, boutique di cravatte napoletana, piacciono ai nostri politici e sono care, mi dicono. Evitino di venire in trasferta lungo il Reno. Nel Rosenmontag, che non è il lunedì delle rose, ma quello folle, le donne hanno il diritto di passare all’attacco, prendono l’iniziativa, aggrediscono gli uomini, e fanno loro avances. Oggi alle donne non occorre più attendere Carnevale, in Germania e altrove, ma la tradizione, che risale al 1848, viene rispettata. Al Rosenmontag, Luigi Pirandello che studiava all’università di Bonn, deve la sua prima, e unica, avventura renana. La bionda figlia del suo padrone di casa prese l’iniziativa e sedusse l’imbranato esule siciliano. Luigi scrisse per lei alcune odi, per la verità pessime. Poi, come ogni buon emigrato, la lasciò per tornare a casa, e sposare la cugina. «Mi manca il sole di Sicilia», si scusò con l’amata. Fu infelice per tutta la vita, ma è colpa sua.
Il lunedì, le donne tagliano anche le cravatte. Inutile spiegare il simbolo freudiano. Quando lavoravo da Bonn, il mio ufficio di corrispondenza si trovava nella Pressehaus, il palazzo della stampa, dove stavamo tutti insieme, tedeschi e stranieri. Giornaliste e telescriventiste si scatenavano per il Rosenmontag. Piombavano nella mia stanza senza bussare, ma io ero sempre senza cravatta. Finirono per accusarmi di essere un macho e un vigliacco. Delle giornaliste non mi preoccupai, non sono donne ma colleghe. Le telescriventiste invece erano vitali al tempo in cui il fax era un congegno da fantascienza. Dipendeva da loro se il mio articolo veniva spedito in tempo. Così, un anno, scelsi la peggiore cravatta della mia collezione, un regalo ovviamente, e la sacrificai al Carnevale renano.
Oggi, la cravatta non la sfoggia quasi più nessuno in Germania. Peccato, io ne ho di bellissime, pezzi unici, e non napoletani. Qualcuno dà la colpa a Yannis Varoufakis, il ministro delle finanze greco, giustamente dimenticato. Lui non la porta. Ma non era così influente. Il tema «Kravatte» è più importante di quel che si possa pensare. Il collega Maximilian Weingartner vi dedica un lunghissimo articolo sull’autorevole Frankfuter Allgemeine: «Geständnisse eines Kravattenträgers», confessioni di uno che porta le cravatte. A una recente conferenza stampa della Merkel, racconta, era l’unico a sfoggiarne una.
Bisogna stare attenti a Berlino. «Hitler era un uomo attento alla moda», avverte Die Welt. Il Führer cambiava stile e abbigliamento a seconda delle circostanze: indossava i Lederhosen, i calzoncini di cuoio, nella Baviera dove era cominciata la sua carriera, o la divisa nelle riunioni oceaniche, ma era sempre in doppiopetto e cravatta negli incontri ufficiali. Quando incontrava l’amico Mussolini a Venezia, o Chamberlain. Chi nell’era di Angela porta una cravatta è un nostalgico sospetto?
La cravatta rimane importante, spiega il Kollege Maximilian. Nel suo armadio ne conserva trenta o quaranta, meno di me. Ci si comporta in modo diverso con o senza? si chiede. E si viene trattati in altra maniera? Quando alla mattina va in redazione, «la cameriera al caffè mi dà del tu», dice. Il giorno dopo appare in giacca e cravatta, e la stessa cameriera gli si rivolge con rispetto. Da bravo giornalista, Maximilian non dimentica il «warum», il perché: «Con la cravatta lei sembra più anziano e più serio», gli spiega la ragazza.
Ma con una cravatta non si entra nelle discoteche più esclusive di Berlino, come il Berghein. Rovineresti l’atmosfera. Al contrario Yanis il greco è stato buttato fuori dal club dell’Ue perché non la portava. Infine, una strada porta il nome di Pirandello nel quartiere di Ippendorf a Bonn, e una lapide alla facoltà di romanistica ricorda i suoi tempi di studente, e poi da lettore di italiano. Ma non si precisa se in quel Rosenmontag del 1890 trovò l’amore, e perse la cravatta.