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 2016  febbraio 03 Mercoledì calendario

Per garantire la laicità al servizio pubblico servono Bagnasco, Ruini e Bertone. Parola di Travaglio

Questo non è un articolo. È un appello al direttore generale della Rai Antonio Campo Dall’Orto, o a chi per lui: sbrigatevi a nominare il cardinal Bagnasco direttore di Rai1, il cardinal Ruini direttore di Rai2 e il cardinal Bertone direttore di Rai3 (in collegamento dall’attico), per dare finalmente un tocco di laicità al servizio pubblico. Quest’attesa spasmodica delle nomine annunciate da mesi sta riducendo i dirigenti morituri allo stato larvale. Non dormono più, non mangiano più (se non in senso metaforico), non vivono più. S’aggirano come zombie per il palazzo in attesa di un cenno, un segnale, un pizzino. Vivisezionano tutti programmi, compresi il segnale orario, il meteo e Protestantesimo, fotogramma per fotogramma, a caccia di una qualche frase o monosillabo o segno di interpunzione che possa eventualmente irritare il governo, il Vaticano o anche solo un Michele Anzaldi. Tremano come foglie, spaventati dalla loro ombra. L’altro giorno, all’udire una sirena in lontananza, c’è stato il fuggifuggi generale: vecchie lenze rotte a ogni inciucio, censura e compromesso, incollate alla poltrona da decenni, si sono alzate di scatto per accalcarsi nei corridoi urlando “oddio, son venuti a prenderci, si salvi chi può!” fra gomitate, calci e pugni, e barricarsi chi nelle toilette, chi negli ascensori, chi negli armadietti metallici degli spogliatoi. Poi s’è scoperto che non c’era nessun coprifuoco, rastrellamento, retata, crocifissione in sala mensa: la sirena era solo la suoneria un po’ pacchiana di un cellulare. Cessato allarme, altre 24 ore di vita. Ma si può andare avanti così?
Martedì Massimo Giannini evoca il “rapporto incestuoso” tra Banca Etruria e famiglia Boschi: un modo come un altro per dire conflitto d’interessi, espressione peraltro vietata. È proprio il minimo sindacale, non c’è giornale al mondo che abbia scritto di meno. Ma alla Rai non si può, ed è subito scandalo: non per il rapporto incestuoso Etruria-Boschi’s (non è uno scandalo: l’ha detto la Boschi), ma perché un giornalista Rai l’ha chiamato col suo nome. Anzaldi, l’epuratore tascabile del premier, invoca pene esemplari: finge di capire che Giannini alludesse a rapporti affettivi contro natura fra Boschi figlia e padre. L’Unità, la pravdina tascabile del premier, chiede il licenziamento. Andrea Vianello, direttore di Rai3, si scusa: la frase sull’incesto “non era né nella scaletta né nei titoli”, quel Giannini parla addirittura senza chiedere il permesso. Ma, tamponato uno scandalo, eccone subito un altro.
Riccardo Iacona si mette in testa di trasmettere un’inchiesta sull’educazione sessuale degli adolescenti, per giunta la domenica del Family Day. Il solito depravato che la sera si veste di latex e prende a frustate i figli stepchildadoptati indottrinandoli su libri gender. Hai voglia a raccomandargli una bella intervista a Babbo Natale, alla Befana, alla cicogna che porta i bimbi nel fagotto o direttamente al cavolo che partorisce i bebè: niente, quello c’ha la fissa del sesso. Venerdì il vicedirettore di Rai3 Andrea Valentini visiona l’orrore e sviene: non appena lo rianimano, lancia l’allarme al direttore Vianello. Che, dopo il prevedibile mancamento, avverte il vicedirettore generale Antonio Marano, delegato al “Coordinamento dell’Offerta” (testuale). Si diffondono le voci più incontrollate: persino che Iacona tratterà di “pompini fra minori” (pratica del tutto sconosciuta in Rai). Marano, peraltro avvezzo al dolce stil novo di Bossi e Maroni, impallidisce e proclama lo stato di massima allerta: c’è il rischio che, andando in onda alle 21.45, il reportage sull’educazione sessuale degli adolescenti venga visto da adolescenti e genitori. Non sia mai. Che fare?
Appiccicare la farfallina rossa dei programmi vietati ai minori di 14 anni? Uhm, quella si usa solo per i film porno o giù di lì: c’è il rischio che aumenti lo share. Inserire il parental control, cioè il filtro che madri e padri possono attivare provocando lo spegnimento immediato del televisore? Macché: il marchingegno, costato una fortuna, alla Rai non funziona. Non resta che chiedere soccorso a Fabio Fazio, affinché allunghi un po’ il brodo di Che tempo che fa. Così Presa diretta slitta dopo le 22. Ma è ancora troppo presto: no problem, si inverte la scaletta di Presa diretta anticipando un servizio sull’acqua pubblica, eccitantissimo per i ragazzini, e posticipando quello sul sesso dopo le 22.30, fuori dalla “fascia protetta”, quando si spera che dormano tutti. La catena di Sant’Antonio prosegue da Marano a Guido Rossi, capostaff di Rai3, che avverte Campo Dall’Orto e soprattutto Fazio. Fabio si allunga senza fiatare: “Sono cose più grandi di noi”. La Littizzetto, sentendosi in colpa per i suoi walter & jolande, butta lì: “Ric, ma stasera parli di porno?”. Iacona va in onda all’ora dei nottambuli, ma non se la tiene: dice che non capisce lo slittamento perché – ingenuo – pensava di fare servizio pubblico per genitori e figli. E certo che lo faceva: perciò l’hanno spostato. Ma lui doveva starsi zitto, così non se ne accorgeva nessuno. Infatti Vianello lo cazzia: “Avrebbe fatto meglio a non dire certe cose, a ragionare”.
Ma dove si crede di essere, questo Iacona? Nella Rai pentapartita dove lavoravano Fo, Grillo, Arbore, Luttazzi, i Guzzanti, Paolo Rossi, Chiambretti oltre a Biagi, Santoro, Funari, Lerner, Barbato, Minoli, Zavoli, Ferrara, Augias, Gabanelli, Beha? Si metta nei panni di un dirigente Rai del 2016, alla vigilia delle nomine renziane, con i cardinali e le suore in piazza a riscrivere le leggi del Parlamento. Troppo comodo fare sesso col pisello degli altri.