La Stampa, 3 febbraio 2016
I magistrati a lezione dall’ex terrorista Faranda. Polemiche
La rivolta parte dalla mail di un’avvocatessa, Cristina Faravelli, che è nella mailing list della corrente di Area, la sinistra dell’Anm: «C’è un tema che riguarda la vostra formazione – scrive – e indirettamente tutti noi, cittadini, magistrati e avvocati e la memoria degli uomini morti per difendere lo Stato…”. Adriana Faranda, la brigatista dissociata, con l’altro ex terrorista Franco Bonisoli, salirà o dovrebbe salire in cattedra domani per parlare – alla Scuola superiore della magistratura di Scandicci, diretta emanazione del Csm – di «giustizia riparativa», tema di un corso che inizia oggi e finirà venerdì. Vero è che con lei ci sono anche Agnese Moro e Sabina Rossa, figlie di Aldo Moro e Guido Rossa, e Manlio Milani, presidente del Comitato dei parenti delle vittime della strage di piazza della Loggia, ma la scelta provoca una rivolta proprio nella sede virtuale in cui discutono i magistrati progressisti. Al punto che si sono mossi il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini, e i «capi di corte», il primo presidente della Cassazione, Giovanni Canzio, il pg Pasquale Ciccolo, per chiedere al comitato direttivo della scuola di formazione dei magistrati «di rivalutare l’opportunità di tale scelta». E il dissenso del comitato di presidenza dell’organo di autogoverno dei giudici sarà discusso oggi.
L’ironia del pm
Da Palermo un pm ironizza e sollecita un intervento di Giovanni Brusca sui temi della criminalità organizzata, un altro magistrato antimafia è «umanamente e sinceramente vicino» alla figlia di Guido Galli, ucciso da Prima Linea il 19 marzo 1980. È lei, Alessandra Galli, giudice come il padre, che scrive: «Mi sono interrogata tante volte sulla giustizia riparativa. Sono sinceramente sconcertata per la decisione». L’ex postina delle Br non si è mai pentita ed «è inaccettabile il dialogo in una sede istituzionale con chi ha ucciso per sovvertire lo Stato e la Costituzione alla quale noi, come magistrati, abbiamo giurato fedeltà. Sono più che amareggiata. Attonita».
Giustizia di parte
È ancora la Faravelli a ricordare che proprio la Faranda e Bonisoli sono tra coloro che raccontano la loro esperienza nel «Libro dell’incontro» (uscito l’anno scorso per il Saggiatore) di cui cita un passo: «Lo Stato, con la giustizia penale, fa ricorso alla violenza, anzi ne detiene il monopolio. I gruppi eversivi hanno voluto riprendersi (o arrogarsi) una parte di quel monopolio, per dirigerlo unilateralmente verso finalità corrispondenti a un ideale chiamato anch’esso ‘giustizia’». E giù altri passaggi sul «coro nefasto di una fetta non piccola della società». Insomma, poche idee ma confuse, che portano il procuratore di Torino, Armando Spataro, già pm negli anni di piombo ed ex leader dei Verdi della magistratura, a dirsi «stupito» per le tesi degli ex terroristi: «”Selettività nel tagliare fuori complicità di apparati istituzionali”? Ma di che parliamo? Per la giustizia riparativa non bastavano i professori?».
Non comprende «lo scandalo» Valerio Onida, giurista ed ex presidente della Scuola: «Perché escludere la testimonianza di ex terroristi che hanno fatto un lungo percorso sul piano umano e della rieducazione e hanno avviato un dialogo con le vittime?». Sulla stessa linea l’ex Gip di Palermo Piergiorgio Morosini, oggi consigliere a Palazzo dei Marescialli: «Può essere utile avere una maggiore consapevolezza, da parte dei magistrati chiamati ad occuparsi di pagine oscure della vita del Paese».