Corriere della Sera, 3 febbraio 2016
Chi ha vinto e chi ha perso in Iowa
Hillary Clinton
Un avvertimento per l’ex First Lady: sarà lotta dura
C erto, questa volta Hillary Clinton è riuscita a evitare il bis della sconfitta contro Barack Obama, sempre in Iowa, nel 2008. Ma l’ex Segretario di Stato è attesa da una campagna aspra contro un avversario vero. Clinton è stata costretta a inseguire Sanders sui temi socio-economici, a integrare l’agenda di riforme razionali e pragmatiche con un po’ di calore, di esperienze personali raccolte negli ultimi giorni girando per l’Iowa. La competizione con Bernie forse può durare più del previsto. Hillary dovrà faticare ancora, ma potrebbe, però, maturare un’offerta politica più in sintonia con l’opinione pubblica Usa. Non a caso ieri Hillary ha ammesso che dovrà lavorare molto per raggiungere i giovani».
Bernie Sanders
Il settantaquattrenne che ha entusiasmato soprattutto i giovani
Si considera il vincitore morale, nel senso pieno del termine, di questa prima tornata. Il settantaquattrenne Bernie Sanders, a Washington dal 1991 prima alla Camera e poi al Senato, è sospinto dall’entusiasmo di tanti giovani, spesso ragazzi, affascinati dal suo intransigente estremismo. Può bastare anche il quasi pareggio per tenere viva la sua campagna e prepararsi per le prove più difficili, quando si voterà negli Stati più grandi, dove Hillary sembra imbattibile. A quel punto, però, ci vorrà qualcosa di più rispetto al movimentismo e alle proposte più radicali (copertura sanitaria e università pubbliche per tutti) per allargare la base del consenso, raggiungendo, per esempio, anche gli afroamericani.
Ted Cruz
Successo iniziale a base di Bibbia e Costituzione
Ha vinto il caucus repubblicano, ha battuto Trump e i sondaggi. Ted Cruz supera la prova, ma il suo primato è chiaramente provvisorio. Il senatore texano ha fatto il pieno nel suo ecosistema naturale, raccogliendo il voto delle comunità religiose più conservatrici, mentre quelle progressiste (e ce ne sono) hanno scelto Sanders. Ma ora dovrà confermarsi negli Stati socialmente più complessi.
Cruz ha dimostrato di essere un pretendente duro, con un apparato compatto e una buona leva finanziaria. Sarebbe un errore sottovalutarne le potenzialità competitive anche in Stati più grandi e più complessi. Si presenta come un conservatore integralista: tutto Bibbia e Costituzione. Però ha anche rispolverato «la rivoluzione reaganiana», richiamo vivo e popolare tra gli elettori repubblicani. Nell’Iowa ha funzionato. Ma servono ben altre verifiche.
Donald Trump
Anche nei panni dello sconfitto resta in corsa
Fa effetto vederlo nei panni dello sconfitto dopo mesi di intemperanze premiate dai sondaggi. Donald Trump torna un po’ ammaccato dall’Iowa e ridimensionato rispetto alle attese. Ecco perché il secondo posto con il 24% dei consensi sembra poca cosa. In realtà il miliardario newyorkese ha esordito in un ambiente a lui poco congeniale: in uno Stato pervaso da un’intensa visione morale della vita sociale e quindi anche della politica. Trump è riuscito comunque ad attirare anche una parte dei conservatori repubblicani, molti provenienti dalle chiese evangeliche. Forse la sua scalata non sarà così irresistibile, ma Trump resta pienamente in corsa. Vedremo se punterà ancora sull’ultra conservatrice Sarah Palin o se cambierà strada per bloccare Marco Rubio.
Marco Rubio
Piace, lavora bene Il partito potrebbe puntare su di lui
È la sorpresa del primo round. Il senatore della Florida, Marco Rubio, si era presentato in Iowa confinato nel cono d’ombra del duo Trump-Cruz. Ma il brillante terzo posto, a ridosso del tycoon, dimostra che sa lavorare bene anche sul territorio e non solo nei Palazzi di Washington. A questo punto i dirigenti del partito repubblicano potrebbero puntare su di lui, facendo convergere appoggi organizzativi e finanziari.
Da qui in avanti Rubio, con tutta probabilità, diventerà il bersaglio polemico numero uno sia di Trump che di Cruz. Entrambi cercheranno di bollarlo come il candidato dell’establishment, una parola che ormai equivale a un insulto. Il giovane e ambizioso senatore dovrà non solo reggere, ma anche avere una proposta di sintesi tra la protesta e l’azione di governo.
Jeb Bush
Tanti spot inutili: ultima chiamata per lo «zio saggio»
È il grande sconfitto. Con la sua aria da zio saggio, ma completamente spaesato, Jeb Bush lascia nello Stato dell’Iowa buona parte delle sue già esigue possibilità. Il prossimo appuntamento, nel New Hampshire, il prossimo 9 febbraio, sembra già l’ultima chiamata per non restare a terra. L’ex governatore della Florida si è applicato, ha battuto il territorio, conversando amabilmente, ma sempre con un senso tradizionale del suo ruolo.
Come dire: adesso vi spiego io come stanno le cose. Ragionamenti condivisibili o no, ma sempre logici. Ma nell’Iowa tutto ciò è scivolato via. Quella che sembrava la sua forza, cioè essere il candidato dell’ortodossia repubblicana, si è rivelato il suo punto di debolezza. Vedremo presto se gli sarà politicamente fatale in questo clima di insofferenza. Finora non lo hanno aiutato neanche i 62,5 milioni di dollari spesi in spot pubblicitari.