Il Messaggero, 3 febbraio 2016
La salma di Padre Pio arriva oggi a Roma. Il viaggio blindato con centinaia di poliziotti e no fly zone
E dire che nel 1968, poco prima di morire, lo aveva predetto: «Vedrete che farò più rumore da morto che da vivo». Mezzo secolo dopo le spoglie di Padre Pio, il santo più amato e più criticato dei tempi moderni lasciano san Giovanni Rotondo per arrivare a Roma ed essere esposte alla devozione dei fedeli. Papa Francesco lo ha preso come simbolo di misericordia, per via della incessante attività di confessore, assieme ad un altro cappuccino santo, Leopoldo Mandic. La traslazione del santo delle stimmate ha richiesto un coordinamento di forze fuori dal comune. Per il viaggio le misure di sicurezza previste sono superiori a quelle dei trasferimenti dei Capi di Stato. No fly zone su San Giovanni Rotondo e Foggia. Nei 500 chilometri di percorso il viaggio sarà protetto da centinaia di poliziotti. L’arrivo a Roma, nella basilica di San Lorenzo al Verano, è previsto per oggi pomeriggio. Lì arriveranno da Padova anche le reliquie di san Leopoldo Mandic. Il 5 febbraio i due santi saranno trasferiti a San Pietro. Una processione partirà dalla parrocchia di San Salvatore in Lauro.
CALUNNIE L’arrivo delle reliquie di Padre Pio all’altare della Cattedra fa ripercorrere la sua vita pesantemente segnata da calunnie, gelosie, invidie. Un fiume di veleni che lo hanno fatto soffrire per anni e anni. Il cappuccino delle stimmate è stato sottoposto persino a due indagini dal Sant’Uffizio. Una brutta pagina per la storia della Chiesa. Colpa di alcuni frati, vescovi e cardinali che fecero di tutto per contrastare la popolarità straordinaria raggiunta dal religioso, disseminandola di menzogne sul suo conto. Dicevano che era un impostore, un truffatore, dedito al vizio, attaccato al denaro. Eppure la gente semplice lo amava e non esitava ad intraprendere viaggi scomodi e lunghi pur di andare da lui, in Puglia, a parlargli in confessionale. Padre Pio ascoltava, accarezzava cuori infranti, calmava dubbiosi, infondeva fiducia. Le istituzioni ecclesiastiche faticavano a comprendere quel fenomeno. I primi guai iniziarono negli anni venti, quando la fama di guaritore e veggente dilagava. La prima persecuzione fu causata da padre Agostino Gemelli che si propose di smascherare – così scrisse – «l’impostore Padre Pio», «un soggetto malato, mistico da clinica psichiatrica». Gemelli all’epoca era una autorità. L’ingiusta punizione del Vaticano sollevò un moto popolare talmente consistente da indurre il Sant’Uffizio nel 1934 a cancellare la punizione. Pio XII nel 1953 lo esonerò dai voti di povertà e di obbedienza affinché rispondesse solo al Papa e potesse realizzare la Casa sollievo della sofferenza. Nonostante ciò fu sotto Pacelli che ripresero altre ispezioni. Era in arrivo una seconda ondata vessatoria a causa dello scandalo Giuffré. In seguito, risolto il caso, Paolo VI lo riabilitò. Alcuni biografi ritengono che all’origine di questa persecuzione vi sia don Umberto Terenzi, parroco del Divino Amore. All’insaputa di Padre Pio mise un microfono nel confessionale e registrò un colloquio con una donna. Don Terenzi giurò di avere ascoltato «un bacio».