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 2016  febbraio 03 Mercoledì calendario

«La casa ce la diede il Duce a patto di chiamarmi Benito». Viaggio tra i privilegiati di Roma che pagano affitti da 8 euro

Il viaggio tra i 574 privilegiati di Roma capitale – affitti da 8 euro e 27 centesimi, da 97 netti, da 160 euro per un appartamento con affaccio sulla gendarmeria del Vaticano, vista sui Fori imperiali, passeggiata al Colosseo appena usciti dal portone – approda su pensioni di reversibilità rimbalzate da mariti defunti, malattie difficili da dire, sfratti coatti e convivenze in residence «con mignotte e ladri». Alla fine questi bassi redditi sono approdati a una casa del Comune, che negli ultimi trent’anni si è sempre dimenticato di aggiornare il canone. «E chi l’ha mai visto qualcuno del Campidoglio, qui». Sono quasi tutti anziani i raccomandati del Comune di Roma, nessuno di chi ti apre la porta, almeno finora, è una faccia nota e questa non sembra Affittopoli. È una storia che ha già passato tre emersioni e tre riemersioni – in mezzo c’è un’inchiesta di inizio 2015 che la procura della Repubblica ora riprenderà in mano – e che come capita nella capitale nessuno è mai riuscito a mettere a posto. Il grosso di chi aveva una bella casa comunale – a Tor di Nona, a Trastevere – è stato allontanato in periferia dalle vendite seriali, le alienazioni pubbliche partite nei Novanta.I SOPRAVVISSUTI DEL COLOSSEOI sopravvissuti della cartolarizzazione immobiliare sono qui, in via del Colosseo 66, primo piano, porta a destra dopo una rampa di scale. Benito Scarpetti ha 80 anni ed è un ex dipendente del mattatoio di Testaccio. Vive in un appartamento largo, 108 metri quadrati. Paga al Comune un affitto di 97 euro, più 44 di oneri. Centootto metri dietro l’Anfiteatro Flavio, sul mercato, sono un affitto da 2.000 euro al mese. «Questa casa è stata donata alla mia famiglia da Mussolini. Mio padre era un antifascista, spesso in galera. Il Duce venne qui e disse a mia madre di prendere lo stabile per lei e i suoi dieci figli e di chiamarne almeno uno con il suo nome, Benito. Ha scelto me. Ho anche la medaglia». Dalla tasca Scarpetti tira fuori una tessera plastificata con una piccola moneta color oro e il volto di Mussolini. «Lo sa cos’è che cosa mi dà fastidio? Questa prima era la via dei cimiciari, ora pare una strada di gran lusso. Io da qui non me ne vado. Ho diritto a comprare l’appartamento e lasciarlo ai figli. Il mio tabulato dice che vale 150milioni, 75 mila euro». Il mercato, che non segue il tabulato del pensionato Benito, dice invece che centootto metri in un primo piano di via del Colosseo valgono dieci volte tanto: «Ho già dato mandato al mio avvocato di avviare la trattativa». Il Comune offrì a Scarpetti una casa in zona Castel Sant’Angelo, si oppose: «Qui pago il conguaglio dell’acqua per tutti gli altri inquilini. Le sembra giusto? E il portone? Chi l’ha fatto secondo lei? E il pavimento? Tutto io. Il Comune non l’ho mai sentito e guardi lì». Indica un palazzo circondato dalle impalcature. «Quello è comunale, è vuoto, è abbandonato da vent’anni». Ancora: «Mia madre pagava 6 lire, a lungo io 40 euro, come mia sorella alla Magliana. Aggiornare il canone? Per carità. Pensate agli altri, qui dentro. L’appartamento nel cortile era dei miei suoceri e quando sono tornato dagli Stati Uniti, quindici anni fa, l’ho trovato occupato. Il bed&breakfast a piano terra versa al Comune 370 euro al mese e poi incassa quello che vuole».Francesca Crifo, quarantenne, impiegata e fuoricorso di Giurisprudenza, nel palazzo possiede un monolocale di 35 metri. Ha versato per vent’anni 100 euro, un’indennità di occupazione. L’anno scorso ha comprato, non dice a quanto. «Si paga in base al reddito. Ho fatto richiesta di sanatoria una, due, tre volte… Non ci hanno mai risposto».LA VIGILESSA E L’EX ABUSIVOIn corso Vittorio Emanuele 340 vive la signora Marcella, 82 anni, pensionata disabile, ex casalinga. Centodieci metri, tre stanze: 100 euro la pigione. «La casa me la consegnò nel 1980 l’ex sindaco Petroselli, dopo il crollo di Tor di Nona. C’erano i giornalisti, mi sono commossa. “Se dovesse andare via, si ricordi di me”, mi disse. In questo palazzo siamo gli unici regolari. C’è gente che non paga e rischia lo sfratto. Chi è rimasto in casa dei genitori a 8 euro al mese. C’è una vigilessa, non è mai a casa. Ci avevano offerto di tornare a Tor di Nona alla fine dei lavori, ma stiamo bene qui. È un bell’appartamento e abbiamo speso tanto per risistemarlo».In Largo Corrado Ricci 41, Fori imperiali, gli inquilini allontanano i fotografi a spinte: «Chiedete al Comune, questa è proprietà privata». Da una torretta di via dei Coronari 157, sopra gli antiquari che vendono opere prime a Silvio Berlusconi, la coppia anziana s’affaccia un istante: «Non ci serve niente», come si fa con i venditori di aspirapolvere, «è già venuta la Rai». Primo piano di via della Lungaretta 14 b, Trastevere, un ragazzo con i capelli rasati è alla finestra: «Sa tutto papà, torna tra mezz’ora». L’affitto, lì, è di 159 euro al mese.Attorno a San Pietro il blocco delle case comunali è in via Borgo Pio, il civico 20, il 22, il 23. Girato l’angolo, e superata una lavatrice a piano terra, ecco Antonio Scavelli, 59 anni. Riceve sul pianerottolo. Trasporta colli a chiamata con il suo furgone express. Guadagna 800 euro al mese, dice, e per 60 metri quadrati versa al Comune 160 euro più le spese. Siamo in via di Porta Castello 6, davanti all’università cattolica della Lumsa. «Sono nato a Campo de’ Fiori e l’appartamento in cui sono cresciuto lo comprò Pippo Franco. Ero per strada. La casa è un diritto, e ho anche il diritto di restare in centro. Andateci voi a Torbella Monaca. Ho occupato nel 1995 con cinque famiglie di Campo de’ Fiori, grazie ai centri sociali. Abbiamo rifatto le fogne, il tetto, l’impianto elettrico. Non siamo certo ricchi. E che, nel centro di Roma ci devono stare solo i ricchi? No, ai tempi di “buonasera conte” non ci voglio tornare».( ha collaborato luca monaco)