Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  febbraio 02 Martedì calendario

Travaglio si lamenta perché ormai c’è troppa poca gente che finisce in carcere. Tutta colpa di quei maledetti garantisti

A furia di spacciare l’impunità per garantismo, sempre più gente si fa giustizia da sé e scambia i profughi di guerra per criminali da cacciare. Non c’è sondaggio che non premi i nemici della libera circolazione degli esseri umani, i fautori dei muri e dei fili spinati che condannano i doveri di asilo e accoglienza come “buonismo” suicida. Presto, di questo passo, dovremo abdicare al rispetto dei più elementari diritti umani per evitare l’avanzata dei Le Pen de noantri.

Matteo Renzi ha molti difetti, che non manchiamo di sottolineare. Ma anche alcuni pregi, fra cui l’estraneità al garantismo peloso del centrodestra e allo speculare giustificazionismo della sinistra ideologica: lo dimostrò nel 2013 quando, non ancora premier, mandò a quel paese Napolitano e il suo messaggio alle Camere per l’ennesima amnistia più indulto (“non sarebbe né serio, né educativo, né responsabile”). Poi però il sovraffollamento delle carceri fu risolto in altro modo, con le leggi svuota-carceri che impediscono di mandare in galera i sospettati di gravi reati prima del processo e quelli condannati dopo. Una decarcerazione strisciante che il ministro Andrea Orlando, spiritoso, l’altro giorno ha definito “sistema carcero-centrico”, invitando addirittura l’Anm a “mettere in un angolo chi vuol buttare la chiave”.
Renzi, per fortuna, ha mostrato di pensarla diversamente, dunque dovrebbe dare un’occhiata agli ultimi dati sul flop delle espulsioni dei clandestini e sull’aumento della “microcriminalità” nelle grandi città, quasi sempre nei quartieri più popolari, cioè più poveri e aggrediti dalla crisi. “Micro” si fa per dire perché comprende furti, scippi, rapine, spaccio e affini: delitti che la gente avverte come “macro”, perché ogni giorno li subisce sulla propria pelle o li vede consumarsi sotto i propri occhi, spesso a opera degli stessi delinquenti già denunciati e/o arrestati varie volte, e regolarmente tornati indisturbati alle precedenti occupazioni. Il che aumenta il senso collettivo di insicurezza e di paura, ma anche la rassegnazione, la frustrazione e l’impotenza delle forze dell’ordine, stufe di inseguire sempre gli stessi soggetti che tornano liberi e si fan beffe di loro. È il prezzo che paghiamo al momentaneo allentarsi dell’“emergenza carceri”, sempre intesa (anzi malintesa) come la conseguenza dei troppi detenuti anziché dell’endemica penuria di posti-cella a fronte del dilagare della criminalità. È il nuovo principio dei vasi comunicanti: chi non va più dentro fa danni fuori.
Ed è qui, più che sulle improbabili esibizioni muscolari davanti a Merkel & Junker, che si parrà la nobilitate di Renzi su un tema sempre più sentito dall’opinione pubblica. All’inaugurazione dell’anno giudiziario, il premier non c’era. Peccato: avrebbe ascoltato il presidente Canzio spiegare perché il reato di clandestinità – che Renzi aveva promesso di abolire, invece ha deciso di conservare a furor di popolo – “è dannoso e inutile”, mentre “la sua sostituzione con un illecito amministrativo fino al più rigoroso provvedimento di espulsione darebbe risultati concreti”. Nel 2015 gli immigrati irregolari senza diritto all’asilo raggiunti da provvedimenti di espulsione sono stati 34.107, ma i rimpatriati riportati forzatamente a casa appena 3.688. E gli altri? 18.128 sono rimasti in Italia col foglio di via in tasca, nei Cie o a zonzo. I restanti sono dispersi, spesso neppure identificati, visto che siamo in ritardo nel creare gli hotspot, nella speranza che senza registrazione se ne vadano altrove. Mancano i soldi per i charter di rimpatrio, o mancano gli accordi di riammissione con molti paesi, o i processi per immigrazione clandestina bloccano tutto fino alla sentenza definitiva (che, se e quando arriva, riguarda imputati ormai irreperibili da anni). Qui l’Europa non c’entra nulla: è tutta colpa nostra. Idem per i decreti svuotacarceri denunciati ieri sul Fatto da Marcello Maddalena. Gli ultimi quattro governi ne hanno varato uno per ciascuno: B. l’Alfano del 2010, Monti il Severino del 2012, Letta il Cancellieri del 2013, Renzi l’Orlando del 2014. Risultato: fino a 4 (e talvolta a 5) anni, la pena non si sconta in carcere, ma ai servizi sociali. Cioè fuori.
Come se ciò non bastasse, è stata spuntata l’arma della custodia cautelare in carcere, utilissima per evitare che il sospetto se la svigni, o inquini le prove o intimidisca i testimoni o continui a delinquere in attesa della sentenza definitiva. Con la riforma Orlando, è divenuta una misura cautelare eccezionale, mentre quella ordinaria sono gli arresti domiciliari. Per tener dentro qualcuno prima del processo, bisogna dimostrare che i pericoli di fuga, inquinamento delle prove e ripetizione del reato sono “concreti e attuali”: cioè prenderlo con l’arma in pugno, o con le mani al collo del teste, o col biglietto aereo in tasca e la valigia in mano. Sennò il tizio se ne resta a casa, da dove può inquinare le prove (al telefono), commettere delitti (tipo spaccio o violenze e molestie in famiglia) ed evadere (impossibile controllarli tutti). Gl’immigrati irregolari, poi, sono quasi tutti senza fissa dimora: quindi, se commettono reati, niente manette né domiciliari. Liberi di delinquere dove e quanto gli pare. Un esempio su tutti: gli spacciatori. Sotto una certa dose, che poi è quella media dei pusher, è letteralmente impossibile arrestarli. O meglio: per legge, le forze dell’ordine sono obbligate a fermarli e i giudici a scarcerarli l’indomani. Che aspetta Renzi a sbaraccare queste assurdità e a riportare un po’ di rigore e serietà nel sistema penale? Alla fine, a furia di garantismo all’italiana, vincono i razzisti con la forca e il forcone.