la Repubblica, 2 febbraio 2016
L’Inter sull’orlo di una crisi di nervi
Caviamocela così: l’ostentazione del dito medio, almeno a Milano, è da tempo assurta a forma d’arte grazie alla scultura di Maurizio Cattelan in piazza Affari. Al punto che neppure il giudice sportivo Tosel la ritiene un’offesa così grave, visto che ha sanzionato con appena 5mila euro Roberto Mancini per il gestaccio, assai poco artistico in verità, ai tifosi del Milan dopo l’espulsione di domenica sera nel derby, sua terza stagionale. Il tecnico invece è stato squalificato un turno per “un’espressione irriguardosa” agli ufficiali di gara e “un epiteto ingiurioso” al quarto uomo, frasi del tipo “siete ridicoli” e anche di più. Ma qui non è in discussione il singolo episodio, peraltro in una serata in cui tra gesti dell’ombrello in tribuna e ortaggi vari lanciati a Mancini dai signorotti del primo anello rosso (finocchi e verdure, pare, che hanno provocato la reazionaccia del tecnico) in tanti hanno dato il peggio di sé. Qui si discute piuttosto della caduta verticale, sul piano della serenità personale, accusata da Mancini negli ultimi quindici giorni, e che si è chiaramente riverberata sulle prestazioni della squadra, crollata a sua volta da un mese in qua.
In un modo o nell’altro, il Mancio da due settimane finisce in prima pagina, e sempre per polemiche e litigi, il che non giova a nessuno. La prima avvisaglia a Bergamo, 16 gennaio: pessimo 1-1 con l’Atalanta e lui si scaglia contro i suoi attaccanti che non segnano. Tre giorni dopo, l’Inter batte 2-0 il Napoli nei quarti di Tim Cup ma Mancini esplode per l’insulto omofobo di Sarri, che lo tocca da vicino e lo urtica ai massimi livelli, anche se alla fine sarà Mancini a uscire peggio dalla vicenda, perché in questo strano paese a volte destano maggiore indignazione quelli che denunciano, piuttosto che i veri peccatori. Ma intanto qualcosa agita nel profondo l’uomo, prima ancora che l’allenatore, si sussurra di angustie personali che hanno a che fare con lo strombazzatissimo e oneroso divorzio dalla moglie, o anche questioni professionali, come le difficoltà del club a muoversi sul mercato. L’Inter domenica 24 si fa raggiungere sull’1-1 al 90’ da un Carpi in 10, e il Mancio sbotta ancora: con gli attaccanti tutti e con Icardi, «l’avrei segnato anch’io quel gol a 50 anni». Poi arriva la settimana più terribile: 0-3 dalla Juventus in coppa e Inter da encefalogramma piatto,poi altro 0-3 nel derby, con espulsione, dito medio alla folla e parolacce in diretta Mediaset contro la conduttrice Mikaela Calcagno (poi ieri le scuse con un mazzo di fiori). Alle varie intemperanze si aggiunge una gestione della squadra che è diventata d’improvviso incerta, dopo il piglio sicurissimo ostentato invece fino a dicembre. Ora invece si notano giocatori in crollo di rendimento psicofisico e scelte discutibili in serie, come la formazione troppo difensiva contro la Juve e quella assurdamente sbilanciata del derby, con cinque mezze punte, le incredibili inclusioni di Santon e Jovetic e la panchina, forse punitiva, a Icardi, che piaccia o no è il centravanti, capitano e miglior realizzatore della squadra. Ma l’Inter sta crollando ed è urgente tirarla su: 16 punti persi dalla Juve in 12 partite sono un orrore, e ora centrare la qualificazione in Champions diventa vitale, per Mancini e soprattutto per il club, sempre in difficoltà coi conti. Per questo è urgente che il tecnico torni in controllo della situazione e di se stesso. Riferiscono di un Thohir ancora ottimista e fiducioso nelle qualità di Mancini, solo un filino preoccupato e vicino al club, anche se assai impegnato col suo ruolo di presidente del comitato olimpico indonesiano e in un pellegrinaggio alla Mecca effettuato qualche giorno fa. Chissà cosa penserà mister Thohir della scena di domenica notte a San Siro, un’ora dopo il derby, ammesso che gliel’abbiano raccontata bene (non solo il Mancio è in confusione all’Inter, di recente). Gli ultras minacciosi fuori dal garage che impongono un colloquio con i reprobi sconfitti, i giocatori che pur di tornare a casa accettano, la ramanzina “in serenità” degli ultrà in una stanza riservata alla presenza di quasi tutta la squadra, l’invito a non esagerare con le uscite serali e a dare tutto per la maglia, insomma il solito copione tipicamente italiano. Tutto molto triste, scontato e sbagliato. Ma non ci avevano promesso il nuovo?