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 2016  febbraio 02 Martedì calendario

Fifa, Infantino for President. A sostenerlo ci pensano Mourinho e Buffon

Nel giorno in cui gli Usa danno il via alle presidenziali, Gianni Infantino sceglie lo stile americano per le elezioni della Fifa. Un anello multicolore come logo, il motto «portare il calcio avanti», lo stadio di Wembley, a Londra, come sede per lanciare il manifesto, così da avere un po’ di storia a cui appoggiarsi.
Mancherebbe una faccia perché la sua la conoscono in pochi, ombra di Platini dal 2009 al 2015, Infantino si smarca con una squadra di leggende e in attesa di rendere popolare il proprio nome si affida a quelli di José Mourinho, Fabio Capello, Roberto Carlos, Luis Figo, Francesco Toldo. Li fa sedere in prima fila, si accomoda giusto di fianco allo Special e da lì si gode il video con i saluti delle stelle aperto da Gigi Buffon. Una parata di campioni per una convention dove non ci sono elettori, ma i messaggi a chi deve decidere sono tanti. E chiari.
Parlare di soldi si può
Infantino immagina i primi 90 giorni da presidente: «Si parte da un’immensa partita aperta al mondo, poi ci si rimbocca le maniche». Vuole essere concreto e gli ha va dato atto che non ha paura di sporcarsi le mani. Parla di soldi, declinati in varie cifre e sa che il denaro abbinato alla sigla Fifa ormai vuol dire corruzione: «Non ci dobbiamo vergognare di fare soldi, io intendo stanziarne di più ma voglio sulla scrivania il progetto e lo voglio vedere realizzato. Serve trasparenza». In concreto 1,1 miliardi da distribuire subito e l’idea di arrivare al 50 per cento degli incassi (attualmente 4,6 miliardi) investiti in nuovi stadi, campi, sviluppo per i Paesi svantaggiati. L’italo-svizzero cita anche i 500 mila euro che l’Uefa ha stanziato per la sua campagna: potenziale punto critico perché è vero che è stata l’Europa del pallone a chiedergli di candidarsi, ma è anche vero che non tutte le federazioni si sono ancora espresse, a partire da quella inglese nonostante la scenografia di Wembley.
Alla nota stipendio i numeri finiscono. Nonostante il salario in chiaro sia una delle voci che il congresso dovrà approvare il 26 febbraio, giorno delle elezioni, Infantino non se la sente di dichiarare il suo: «Tradirei la fiducia dell’Uefa visto che ora è un accordo privato, ma non vi aspettate cifre astronomiche».
Consensi cercasi
A caccia di consensi per battere lo sceicco del Bahrein Al Khalifa (che in quanto parte di una famiglia reale si finanzia da solo), Infantino strizza l’occhio all’Africa più volte. Dice che sarebbe ottimo avere un segretario generale che arriva da lì e che un continente così grande meriterebbe più posti ai Mondiali. Conta di distribuirli un po’ a pioggia in un’immaginifica edizione a 40 squadre da varare per il 2026. E si fa prendere la mano dal gigantismo di stampo blatteriano. In realtà rifiuta di escludere a priori che il Supremo, in caso di riabilitazione, possa diventare presidente onorario e per fare il simpatico con l’Oceania usa addirittura l’espressione «Ocean’s Eleven», coniata da Blatter in persona. Sarebbe meglio girare al largo da certe abitudini.
Lo strappo arriva sul tema scommesse, unico momento in cui il candidato alza la voce: «L’Uefa ha cercato di combattere questa piaga più di ogni altra realtà nello sport, io ho ricevuto minacce di morte e i miei figli hanno la scorta a scuola. Poi decide una commissione indipendente, quindi non potete imputarmi i casi in sospeso come quello dell’Olimpiakos». Arringa finale con applauso convinto di Mou e Capello. Resta da decidere chi sarà l’allenatore della squadra di leggende, progetto reale, punto numero 10 del programma: i cavalieri della Fifa.