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 2016  febbraio 02 Martedì calendario

Perché “Downton Abbey” non ha avuto successo in Italia mentre “Il segreto” sì? I nostri gusti sono ancora così rozzi?

Conosco le regole della tv e, più in generale, della cultura pop: se si parla di audience, è più facile spiegare i successi (anche se ai nostri occhi appaiono incredibili) che gli insuccessi. Prendiamo il caso di «Downton Abbey»: domenica sera sono andati in onda i primi due episodi della sesta e ultima stagione della serie creata da Julian Fellowes (La5, ore 21.10).
Non sono finiti i guai per Mary (Michelle Dockery). Un’ex cameriera del Grand Hotel, Rita Bevan (Nichola Burley), ha visto Mary uscire dall’edificio in compagnia di Anthony Gillingham (Tom Cullen) e decide di ricattare la ragazza. O mille sterline o lo scandalo! Nel frattempo la signora Hughes (Phyllis Logan) ha qualche titubanza a fissare una data per il matrimonio con Carson (Jim Carter). Insomma, siamo nel 1925, i tempi stanno cambiando, la gestione dei beni e della servitù è messa fortemente in crisi. Ma non è di questo che vogliamo parlare. Perché «Downton Abbey» non ha avuto successo in Italia? Perché è finito su La5, un canale cui va tutta la nostra gratitudine?
Del fascino della serie e del successo internazionale si è già detto tutto: la perfezione di scrittura, la magistrale interpretazione del cast, l’accuratezza della ricostruzione di un mondo seducente, costretto a fare i conti con valori che stanno per crollare. È una serie troppo sofisticata? È una serie troppo ironica (basti pensare alla battute di Lady Violet)? È una serie che descrive un mondo che ci è estraneo, pervaso dalla nostalgia per uno stile di vita che è stato sacrificato sull’altare del progresso sociale ed economico?
Mettiamo in conto tutto, anche i successi de «Il segreto» e de «Il paradiso delle signore», giusto per avere punti di riferimento. Ma è mai possibile che dopo 60 anni di fiction il nostro livello di gusto sia ancora fermo al grado zero di scrittura? Purtroppo, non basta che una fiction sia giusta, dev’essere percepita come tale da molteplici occhi.