la Repubblica, 31 gennaio 2016
Il mondo del pallone trema ancora. Stavolta per i diritti tv
«Ormai il calcio italiano è materia da cronaca giudiziaria e non più sportiva», è un commento amaro quello che, all’indomani della pubblicazione su Repubblica delle intercettazioni telefoniche sul caso Infront, Andrea Agnelli, presidente della Juventus, affida alla platea dell’inaugurazione dell’anno accademico del Collegio di Milano.Dalle carte della Guardia di Finanza di Milano, che sta indagando per conto della procura sulla turbativa dell’asta per i diritti tv della Serie A (triennio 2015-2018), proprio Agnelli e la sua Juventus – insieme con la Roma degli americani – viene descritta dagli indagati come uno dei principali ostacoli alle varie manovre in corso. «L’attualità nel mondo del calcio non ci può lasciare soddisfatti – dice Agnelli –. I mesi a venire saranno di profonda riflessione per definire l’assetto della leadership e della governance sportiva del futuro con le imminenti elezioni Cio, Fifa e Uefa. Il nostro auspicio è che la prossima squadra leader, sia in Italia che a livello internazionale, possa portare a uno sviluppo del nostro core business senza le interferenze in molti casi illegittime, criminali e illegali che tolgono la bella immagine che ha il calcio».La Roma non vuole rilasciare commenti («siamo stati chiarissimi nelle sedi opportune, cioè nelle varie assemblee di Lega – dice il dg Mauro Baldissoni – Andatevi a rivedere i verbali»). Da Sky arrivano commenti di addolorato stupore: «Una cosa era immaginarsele, un’altra è leggere certe cose nero su bianco». E mentre da Torino il presidente granata Urbano Cairo tiene a precisare che il suo club è tra i pochi in Italia a non aver mai avuto rapporti con Infront, dall’Usigrai – unione sindacale dei giornalisti Rai – arriva un accorato appello: «In attesa che la magistratura accerti eventuali illeciti, aspettiamo un intervento urgente delle istituzioni nazionali e di quelle sportive, a partire dal Coni».Ma il commento più eloquente a tutta questa vicenda è, probabilmente, lo spettrale silenzio proveniente dalla Lega Calcio e dal suo advisor storico Infront. Accusati dalla procura di Milano di turbativa d’asta (e l’asta dei diritti tv è praticamente il principale business a cui sovrintende la Lega Calcio) e ostacolo alla vigilanza della Covisoc, travolti da un’onda anomala di imbarazzanti intercettazioni telefoniche, i manager di quella che ama autodefinirsi la Confindustria del pallone, non hanno avuto nulla da dire, né da chiarire.
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Un cadeaux da 15 milioni di euro. Il presidente del Genoa Enrico Preziosi, ormai un habitué delle cronache calcistico- giudiziarie, se l’era vista davvero brutta. Per questo aveva intenzione di ringraziare in questo modo i suoi salvatori, gli uomini di Infront e della Mp & Silva, che con la loro generosità l’avevano tirato fuori dal mare di guai in cui era finito.
A raccontare questa storia sono le intercettazioni telefoniche, conversazioni imbarazzanti ascoltate e appuntate dai militari della guardia di finanza che, per conto della procura di Milano, stanno indagando per la turbativa dell’asta dei diritti tv della Serie A (triennio 2015-2018) e ostacolo alla vigilanza della Covisoc. Secondo la tesi dell’accusa, Infront – la società di Marco Bogarelli, uomo vicino alla galassia Fininvest – e il suo socio occulto Riccardo Silva della Mp & Silva tenevano in pugno l’intero sistema calcistico italiano. I ruoli erano chiari: Bogarelli e Infront siglavano munifici contratti per la gestione dei diritti commerciali dei club in crisi, garantendo la sopravvivenza calcistica ai loro presidenti, in cambio della loro fedeltà politica nelle sedi decisive (Lega calcio e Federcalcio); Riccardo Silva e la sua agenzia si occupavano dei «finanziamenti straordinari», insomma, mettevano a disposizione «le provviste finanziarie», che poi venivano veicolate attraverso canali creati ad hoc dalla società di Lugano Tax & Finance, quella da cui è partita tutta l’inchiesta.
L’OFFERTA DI PREZIOSI
Quella che riguarda il cadeaux da 15 milioni è dunque la storia – istruttiva sulle dinamiche e sui rapporti del mondo del calcio – di uno di questi «finanziamenti straordinari». Lo scorso anno Enrico Preziosi e il suo Genoa viaggiavano da tempo in cattive acque dal punto di vista economico. Il presidente non era più in grado di pagare gli stipendi ai calciatori e, insomma, se non avesse sanato immediatamente la situazione, la scure della giustizia sportiva si sarebbe abbattuta sulla sua squadra. È così che Riccardo Silva accorre in suo aiuto, garantendogli un finanziamento da 15 milioni proprio alla vigilia dei controlli Covisoc. L’11 maggio 2015, a operazione riuscita, il direttore generale di Infront, Giuseppe Ciocchetti telefona a Riccardo Silva e gli racconta di una conversazione appena avuta con Enrico Preziosi: «Ci ha proposto questa operazione che per noi è soltanto un upside (“vantaggio”, traduce il finanziere, ndr). Non so se lo sai comunque lui ha già venduto parte della Giochi Preziosi a uno di Taiwan che in realtà è già un suo fornitore, che è l’operazione con cui ha messo a posto tutto, e tenderà ad andare in Borsa nei prossimi giorni». Silva: «Hong Kong?». Ciocchetti: «E diceva: siccome voi mi siete stati vicini, voglio ricompensarvi di questo vostro sacrificio. Adesso la società vale 300 milioni. In quotazione varrà almeno il doppio. Quindi sono disposto a darvi il 3 per cento della Giochi Preziosi. Facciamo un contratto d’opzione che voi potete esercitare a 10 mila euro, una cagata (...) voi lo esercitate acquistate 10 milioni (...) fate fino a 25 milioni di guadagno. Fino a 25 milioni di guadagno di valore ve li tenete tutti voi, quindi più 15, poi dopodiché dividiamo fifty fifty». Silva: «Va bene dai... però non è male».
LA TRATTATIVA CON MEDIASET
Altrettanto istruttivo per capire le dinamiche dei rapporti tra Lega, Infront e Mediaset è la lettura della conversazione tra Ciocchetti e l’avvocato della Lega, Bruno Ghirardi. In ballo c’è l’assegnazione del pacchetto C dei diritti tv, quello delle interviste del dopo gara. Mediaset ha presentato un’offerta nulla, perché condizionata a una sublicenza. Il pacchetto dovrebbe essere assegnato a Sky, ma da giorni Mediaset, tramite Infront, sta esercitando pressione per averla vinta. Ghirardi è esausto: «Siamo arrivati al paradosso, perché questa soluzione è nata nell’ufficio legale di Rti. Dovrei dire a Mediaset: “Va bene la tua offerta a condizione che cambi la tua offerta”; allora è come se dicessi a Sky: “Guarda, io l’accetto, a condizione che non mi offra due milioni ma tre”. Se dico una cosa del genere delle due l’una: o mi buttano giù dalla finestra perché mi sono bevuto il cervello; o mi butano giù dalla finestra perché mi sono venduto, perché è una roba che non sta in piedi». Ciocchetti: «Ci mettono tutti in galera (...). Ghirardi: «Facciamo così, andiamo a trattativa privata. Così rimuoviamo tutti gli ostacoli». Il 22 maggio, a ostacoli rimossi, il pacchetto C è andato a Mediaset.