La Stampa, 1 febbraio 2016
Le europee odiano le rughe, le asiatiche vogliono tratti occidentali, le sudamericane il sedere enorme. Ma senza ricorrere al bisturi
«Un ritocchino fatto bene? È quello che non si vede». Non ha dubbi Fabio Ingallina, chirurgo estetico, attivo fra Catania e la Francia, un’esperienza internazionale che lo ha portato anche in Brasile. A Parigi, al congresso mondiale dei professionisti del settore, lo incalza un collega francese, Benjamin Ascher, direttore scientifico dell’incontro: «Negli ultimi anni è un ritornello costante tra le clienti: vogliono un risultato naturale, non artefatto». Al riguardo utilizzano una parola inglese: beautification, quasi che la bellezza si stendesse sulla persona come un manto. Insomma, niente più guance a palla e labbroni soprannaturali. «L’altra tendenza – continua Ascher – in parte collegata alla precedente, è questa: sempre meno chirurgia vera e propria». Si utilizzano tecniche e prodotti alternativi, dagli ultrasuoni all’acido ialuronico, nuovo mantra anti-rughe, riassorbibile e biodegradabile.
Boom al traino dell’Asia
Nei corridoi del Palais des Congrès più di 6 mila operatori da tutto il pianeta: chirurgi, dermatologi, bioingegneri. E perfino le blogger del settore, sempre più influenti. Il business è enorme: secondo l’Imcas (International Master Course on Aging Skin) il fatturato mondiale nel 2015 è stato di 6,89 miliardi di euro, in crescita dell’8,2%. A fine 2016 si prevedono 7,47 miliardi e 10,49 nel 2020. L’Italia è il quarto mercato nell’Ue, dopo Regno Unito, Germania e Francia. «L’Europa corre meno delle altre aree, ma corre comunque, +8,2% l’anno scorso – precisa Ascher -. Attualmente il 45% del business si concentra negli Usa. Ma è l’Asia-Pacifico a registrare la crescita più forte, oltre il 13% annuo».
A ciascuno il suo
«Gli europei sono ossessionati dalle rughe e dalle perdite di volume – continua Ascher -. In Asia sono attratti dalla bellezza europea. E puntano, ad esempio, a un viso più triangolare. In America Latina, molta attenzione al sedere e al seno». «Anche se – osserva Ingallina -, in Brasile il modello è diverso rispetto ai Paesi vicini: il massimo della bellezza è il sedere grande, ma un seno piccolo». Sono solo le donne che vogliono migliorare il loro aspetto fisico? «Pochi anni fa si prevedeva il boom degli interventi sull’uomo, ma alla fine non è arrivato. La domanda maschile si è stabilizzata». In Europa la quota di pazienti uomini oscilla tra il 10 e il 15% del totale.
Sempre meno bisturi
In certi settori la chirurgia è ancora inevitabile: gli interventi sul collo e sul naso e le protesi mammarie. Ma per il resto aumenta la quota del non chirurgico: secondo Ascher, in Europa siamo ormai all’85% del totale. Negli ultimi anni è aumentato il ricorso al lipofilling, innesti di grasso autologo. Lo si preleva dalla stessa persona per poi iniettarlo dove ce n’è bisogno: per riempire, ad esempio, le rughe e distendere la cute. Poi ci sono ultrasuoni, radiofrequenze e laser (a Parigi sono stati presentati nuovi modelli, sempre più efficaci). E infine lui, l’acido ialuronico: «È una molecola che già abbiamo naturalmente nella parte amorfa dei tessuti – afferma Ingallina – e può essere prodotta mediante processi di bioingegneria». Viene iniettato dove c’è bisogno, ideale per adattarsi progressivamente all’invecchiamento.
Il primato del made in Italy
I dirigenti di Ibsa, gruppo con sede a Lugano, che produce l’acido ialuronico nello stabilimento di Altergon Italia ad Avellino, hanno presentato una novità: «Si tratta di un ibrido – spiega Giuliano Cucchi, direttore commerciale di Ibsa – particolarmente adatto al rimodellamento del derma». La società è una delle quattro al mondo capaci di fabbricare la molecola di acido ialuronico. «Ha diverse applicazioni, dall’ortopedia all’urologia – conclude Cucchi -, ma la richiesta della medicina estetica è quella che cresce di più». E se una ragazza di 14 anni si vuole rifare il seno? «È un’aberrazione. Il chirurgo plastico deve saper dire di no – ammette Ascher -. E sfortunatamente non basta che venga imposta l’autorizzazione obbligatoria dei genitori, come in gran parte dei Paesi, perché i genitori sono spesso peggio dei loro figli. In questi casi, comunque, il primo colpevole è il chirurgo. Che dice di sì».