il Fatto Quotidiano, 1 febbraio 2016
In Italia si ruba di più ma si arresta di meno. I numeri del 2014
A Firenze aumentano i furti in casa (+7% in un anno) e le rapine (+13,6%), a Genova pure (di circa l’8%), a Torino salgono leggermente i reati contro il patrimonio e diminuiscono gli arresti per gli stessi fatti, a Bologna ci sono tre rapine al giorno e sono il doppio di quelle di Genova che è ben più grande, a Palermo se ne contano un po’ meno di un anno fa ma sono particolarmente violente, a Bari e a Napoli furti e rapine diminuiscono da un anno all’altro ma solo perché partivano piuttosto alti e comunque sono cresciuti i furti in casa, sostanzialmente stabili a Roma (nella capitale anche il numero di rapine non è variato granché).
La tendenza complessiva nazionale è in lieve calo. Secondo i dati riferiti al 2014 e diffusi ieri l’altro per l’inaugurazione dell’anno giudiziario nelle Corti d’appello, nel 2014 le rapine denunciate sono state circa 39 mila contro le 43 mila di un anno prima (meno 10%), i borseggi invece sono aumentati da 166 mila a 179 mila e si moltiplicano soprattutto a Roma (più 31,5% in un solo anno), i furti in appartamento sono passati da 251 a 255 mila tra il 2013 e il 2014.
Reati predatori, reati indotti dalla crisi che difficilmente diminuiranno se l’economia non tornerà a crescere. È la cosiddetta microcriminalità, che poi tanto micro non è per chi i reati li subisce. La rapina, peraltro, è un reato grave anche per il codice e il rischio di finire in carcere, se si viene scoperti, è concreto (in teoria si rischiano da tre a dieci anni, da quattro a venti nei casi più gravi quando ci sono di mezzo armi). Ebbene se allunghiamo la serie storica, il calo di un anno non deve far perdere di vista che le rapine messe a segno in Italia sono all’incirca le stesse del 2001 (38 mila) ma sono aumentate del 25 per cento rispetto a vent’anni fa e raddoppiate rispetto al 1984; scippi e borseggi sono quasi triplicati; i furti in appartamento quasi raddoppiati. Questa è la cosiddetta insicurezza percepita che se ne infischia del dato statistico da un anno all’altro. Vede, semmai, che l’autore di ben quattro furti in appartamento nello stesso stabile, a Palermo, viene ripreso dalle telecamere di sicurezza ma nessuno lo arresta. Quindi tornerà. A volte ma non sempre ha la pelle di un altro colore e parla un’altra lingua e questo non fa che accrescere le pulsioni razziste di un Paese sempre più disgregato.
A fronte dell’aumento di reati contro il patrimonio che generano forte allarme, gli arresti nel complesso sono diminuiti di oltre il 20 per cento. Il dato generale risente dell’intervento normativo che ha limitato la custodia cautelare per i reati di detenzione e spaccio di droga quando la quantità sequestrata è minima, cioè quasi sempre nel caso ordinario dell’arresto di un pusher in strada. “C’è questo, perché l’arrestato sarà scarcerato il giorno dopo, ma anche una mentalità che cambia – osserva il pm torinese Andrea Padalino –, la sfiducia nel fatto che si arriverà a un processo e, di conseguenza, maggiori difficoltà a operare con lo strumento dell’arresto, anche se le situazioni caso per caso sono diverse. Per esempio per il furto semplice, senza aggravanti, non è prevista la custodia cautelare e l’arresto è facoltativo. Che lo arresti a fare se domani esce?”. Non è così per i furti in casa.
Secondo Padalino bisogna anche tener conto anche di problemi strutturali delle forze di polizia: “Per i reati di cui parliamo gli arrestati non devono essere portati sempre in carcere ma nelle camere di sicurezza delle forze di polizia. Sono detenuti ma non in carcere, con tutto quello che ne consegue in termini di gesti violenti, problemi sanitari”. Il pm Padalino sottolinea che “l’efficienza del sistema non si misura certo dal numero di arresti ma anche quello è la spia di una certa difficoltà. La scelta del legislatore di disincentivare il carcere ricade sugli operatori”.