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 2016  febbraio 01 Lunedì calendario

Ciclismo, storia di uno sport truccato. Dopo l’Epo arrivano i motorini nascosti nei telai

È la maledizione del ciclismo: non poter più essere creduto. Prima hanno truccato il sangue, adesso le bici. Prima l’Epo, adesso i motorini nascosti nei telai. Una ferita forse non più suturabile, un cancro che sa trovare sempre nuove forme per diffondersi, infettare e annientare. Una malattia etica, una distorsione morale che rovina un secolo di passione e bellezza.L’incredibile episodio, ai mondiali di ciclocross di Zolder dove nella bicicletta della 19enne belga Femke Van Den Driessche, campionessa europea, un rilevatore termico ha permesso di scoprire l’esistenza di un motorino elettrico. Da anni si sospettava questo tipo di frode, ora ci sono le prove, grazie anche alle tecnologie che le possono smascherare e non solo produrre.Lo sport della fatica e della sofferenza, dei personaggi sinceri e leggendari, delle strade e della gente è diventato una cricca di imbroglioni. Non tutti, è ovvio: ma quanti? E come distinguere, ormai, quelli che non lo sono? Dopo la terribile storia di Lance Armstrong, una farsa costruita anche sulla pelle dei malati e sulla loro fiducia in un simbolo positivo, sembrava che gli anni dell’Epo fossero superati. Restavano, è vero, dubbi su qualcuno, sull’efficacia dei controlli e sulla reale pulizia di medici e direttori sportivi, ma nella rete rimaneva solo qualche pesciolino sciocco. C’era il fondato ottimismo che qualcosa stesse davvero cambiando, chiudendo l’era delle siringhe. Invece si scopre che il talento dell’imbroglio è sempre in cerca di nuove vie, è creativo, tecnologico, al passo con questi tempi iperconnessi e coniugati solo al futuro, almeno in apparenza.La bici della ragazza belga, ovviamente truccata a sua insaputa (c’è fantasia nella ricerca tecnica, assai meno nell’invenzione delle scuse), è lanciata verso un orizzonte di nebbia. Quanti sono, ora, i ciclisti truccati? Quante grandi imprese, negli ultimi anni, sono state realizzate con un motore invisibile, non nel cuore o nei polmoni dell’atleta ma nel suo “cavallo d’acciaio”, come lo chiamavano i cantori dell’epoca d’oro? Alzi la mano chi, oggi, non ha ripensato con scetticismo alle sgasate di Cancellara sui muri del Nord o al frullino di Froome sul Ventoux. Magari questi due sono soltanto grandissimi campioni, ma siete disposti a crederci al cento per cento?Troppi dottor Stranamore hanno fatto carne di porco di uno sport meraviglioso, e troppi farabutti gliel’hanno permesso, anche e soprattutto dentro il gruppo che sfreccia tra la gente come uno schiaffo del vento. Quello schiaffo, alla fine, ce l’hanno dato in faccia. E i segni restano. Se un corridore va in fuga, se mangia l’asfalto e vince una corsa epica, potrà essere il più pulito dell’universo ma nella scia della sua bici, con o senza motorino elettrico, d’ora in avanti ci sarà sempre il sospetto. Questo è il vero crimine, ben oltre il doping: avere ucciso il futuro, infettando il presente.